Astor Piazzolla innerva il tango con strumenti, tecniche, stili diversi che ne rivoluzionano e arricchiscono la gamma espressiva. A Marcelo Nisinman è affidata la direzione della più famosa opera-tango di Piazzolla, María de Buenos Aires, storia che sgorga dal realismo magico sudamericano per la penna del poeta uruguaiano Horacio Ferrer.
Pensata in origine per una realizzazione radiofonica, l’opera-tango in due atti e sedici quadri María de Buenos Aires di Astor Piazzolla (su libretto di Horacio Ferrer), ambientata nei bassifondi della capitale argentina, andò in scena per la prima volta nel 1968 a Buenos Aires. L’argomento trae spunto da una leggenda metropolitana che narra della sfortunata María, nata “un giorno che Dio era ubriaco” in un sobborgo miserabile di Buenos Aires. Dapprima operaia, dopo essere diventata una cantante di tango, María entra in un bordello e muore ancora molto giovane; poi, nel secondo atto dell’opera, vaga sotto forma di spettro per le vie della città finché non rinasce miracolosamente per dare alla luce una bambina, chiamata a sua volta María, che potrebbe essere lei stessa in una nuova vita.
In una vicenda surreale e fantastica di morte e rigenerazione dalla forte componente simbolica, sacro e profano s’intrecciano in un mondo metropolitano fantastico animato di poesia, musica e danza.