La mostra
La mostra Le muse inquiete propone un itinerario attraverso l’Archivio della Biennale di Venezia, ripercorrendo alcuni momenti fondamentali nel corso del Novecento durante i quali guerre, conflitti sociali, scontri generazionali e profonde trasformazioni culturali hanno premuto contro i confini dell’istituzione veneziana. In un periodo di instabilità globale che solo negli ultimi mesi ha visto alternarsi catastrofi ecologiche, nuove pandemie e rivoluzioni sociali, La Biennale di Venezia si distingue non solo come luogo di produzione e riflessione delle tendenze più innovative delle principali discipline artistiche contemporanee, ma conferma anche il suo ruolo di testimone privilegiato di molteplici cambiamenti, drammi e crisi sociali susseguitisi dalla fine dell’Ottocento a oggi, registrando come un sismografo i sussulti della storia.
Attraverso i suoi 125 anni di attività, La Biennale di Venezia ha celebrato le carriere di innumerevoli artisti, registi, coreografi e compositori e ha presentato alcuni dei più importanti movimenti artistici dell’ultimo secolo, amplificando le trasformazioni più radicali nelle arti visive, nel cinema, nel teatro, nella musica e nella danza. Ma periodicamente La Biennale si è ritrovata anche a fare i conti con la storia nelle sue incarnazioni più drammatiche. Palcoscenico per manovre diplomatiche e alleanze politiche, nella prima metà del Novecento la Biennale ha ospitato monarchi, dittatori, capi di stato e rivoluzionari, ma anche proteste e celebrazioni nelle quali le arti si sono legate a mutazioni culturali e stravolgimenti del costume. Nel 1920 e nel 1948 La Biennale, ad esempio, si è sollevata dalle ceneri di due devastanti guerre mondiali, ergendosi come un faro di speranza nella rinascita civile dell’Italia e di molte altre nazioni. Negli anni Sessanta e Settanta l’istituzione veneziana ha accolto ed è stata a sua volta travolta da un’ondata di sconvolgimenti sociali e politici che hanno ridisegnato le relazioni tra massa e individuo e le dinamiche di potere tra Est, Ovest e il Sud globale. Negli anni Novanta, dopo il crollo dei grandi blocchi della Guerra Fredda, La Biennale ha adottato nuovi linguaggi artistici che hanno segnato un’espansione dei confini globali, aprendosi a nuove influenze geopolitiche. Decennio dopo decennio, La Biennale ha anche registrato le metamorfosi del gusto e del comune senso del pudore, tra scandali, censure e nuove cartografie del desiderio.
Oggi, nel mezzo degli eventi eccezionali che hanno contraddistinto gli ultimi mesi e che – in via assolutamente straordinaria – hanno decretato anche lo slittamento del calendario espositivo della rassegna veneziana, la mostra Le muse inquiete presenta documenti storici, materiali d’archivio, filmati rari, opere e percorsi di ricerca che si soffermano su quei momenti in cui il passato dell’istituzione si è intersecato agli eventi della storia globale, manifestando e generando fratture istituzionali, crisi politiche ed etiche, ma anche nuovi idiomi creativi.
Le muse inquiete è la prima mostra nella storia della Biennale concepita all’intersezione delle sei discipline che ne costituiscono le aree di ricerca principali: arti visive, cinema, musica, teatro, architettura e danza. Attraverso una molteplicità di testimonianze e materiali provenienti dai sei Settori dell’istituzione veneziana, la mostra fa dialogare eventi ed episodi della storia della Biennale con quella del Novecento, mostrando il ruolo vitale che La Biennale ha assunto anche nei momenti più critici del secolo scorso.
Per la prima volta i sei Direttori Artistici delle varie discipline hanno lavorato insieme per ripercorrere, attraverso le fonti uniche dell’Archivio della Biennale (il celebre ASAC) e di altri preziosi archivi e fondi, quei momenti in cui La Biennale e la storia si sono date appuntamento a Venezia.