Cenere è un testo sulla presa di parola, ma è anche una cavalcata nella storia: dal funerale di Pasolini al G8 di Genova, fino al nostro presente.
Tre quadri rappresentano distinte prese di parola: quella di un figlio chiamato dai genitori a fare colazione (No); quella di un poliziotto che deve avvertire una coppia di genitori della morte del figlio (Qui); quella di una vittima che parla di sé e di ciò che le è accaduto (Tutto). Oltre alle voci dei personaggi è presente anche quella dell’autore che decide di intervenire, osservando e commentando quanto accade in scena attraverso delle note che vengono modificate per ogni specifico allestimento, e che cercano di porre il testo in dialogo con la realtà al di fuori di esso.
Una solitudine inconsolabile permea l’intero testo, un buio difficile da schiarire, in cui senza sosta il personaggio dell’autore, che è al contempo il personaggio della vittima, dà fuoco alle proprie stesse parole. Le ceneri che cadono su questo rito disperato sono suoni lontani che, lentamente come in un movimento di macchina, diventano assordanti noise e feedback in una sala prove – eseguiti dal vivo –, un close-up sul volto del protagonista.