Grainne Hassett
È un’opera generosa e indimenticabile, una scogliera abitata, libera e lirica al tempo stesso. L’edificio è formato da griglie, è alto e stretto, più una torre che una lastra, anche se non ha l’arrogante presenza di certe torri. È una combinazione ben equilibrata di maschile e femminile. Le eleganti linee verticali che caratterizzano tutto l’edificio, come nei disegni del grattacielo di vetro firmato da Mies van der Rohe (1922), ne consentono la lettura come una serie di esili volumi. Tocca terra delicatamente, quasi fosse senza peso, e si confonde nella serie di residenze ben fatte disposte lungo la via e al limitare del parco.
A una seconda lettura, l’edificio ridiventa opera dell’uomo, con una griglia di facciata estremamente leggera e in scala umana, di nuovo alto, elegante grazie alle ombre, alle scanalature e al legno, come un bel mobile brunito che rimanda un’eco. Dietro questa collaudata composizione, questo carattere urbano e generoso, gli spazi abitativi si dispongono in diagonale su una griglia ad angoli retti. Appaiono colmi di sfumature e di grandi e piccoli momenti.
Abbiamo ricomposto in un solo oggetto i singoli pezzi interpretativi dell’edificio. Ha dimensioni e forma identiche, in scala 1:25 ed è sistemato su un piedistallo. Volevamo che non fosse solo un edificio, ma anche un oggetto astratto, che acquista leggibilità se si spiega la grandiosa sequenza di accesso e il rapporto con il terreno. I materiali sono quelli comuni del design italiano degli anni Cinquanta e Sessanta: plexiglass nero brillante e una piccola quantità di plexiglass bianco semilucido, acciaio e noce. Usiamo qui le scultoree torri scanalate dell’idea di Mangiarotti, tagliate in alcune parti. Emerge una versione astratta dell’armadiatura a muro, l’elemento cruciale che rende possibile la libertà della planimetria. È un accorgimento che esprime la presenza dell’uomo e la relativa scala.
Hassett Ducatez Architects