120 ANNI DI BIENNALE ARTE
La 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia si aprirà il 9 maggio con un mese di anticipo rispetto alle ultime edizioni. Con essa celebriamo il 120mo anno dalla prima Esposizione (1895).
La Mostra Internazionale del curatore si estenderà nel Palazzo delle Esposizioni ai Giardini (3.000 mq) e nell’Arsenale (8.000 mq) e in aggiunta le aree esterne.
Virtualmente intorno alla grande Mostra Internazionale del nostro curatore ruota la grande adunata delle partecipazioni straniere (89, erano 58 nel 1997), 29 delle quali negli storici padiglioni dei Giardini, 29 negli spazi dell'Arsenale dedicati ai paesi (dove continuano nuovi lavori di restauro di edifici cinquecenteschi) e il resto in edifici veneziani, dove saranno anche allestiti 44 Eventi Collaterali, presentati da soggetti non profit e ammesse dal nostro curatore.
Nella cartella stampa distribuita il 5 marzo anche i ringraziamenti calorosi espressi oltre che al nostro partner Swatch, a varie istituzioni pubbliche, agli sponsor e alla miriade di energie applicate con grande dedizione alla realizzazione della mostra e alla sua gestione nei 6 mesi e mezzo, fino al 22 novembre. In particolare i nostri ringraziamenti vanno a Okwui, ai suoi assistenti e a tutte le grandi professionalità della Biennale.
Ciò detto, permettetemi due parole di introduzione a questa Mostra, vista dall'interno della Biennale.
Siamo alla 56ma edizione, la Biennale che compie 120 anni procede e, anno dopo anno, continua a costruire anche la propria storia, che è fatta di molti ricordi, ma in particolare di un lungo susseguirsi di diversi punti di osservazione del fenomeno della creazione artistica nel contemporaneo.
Per limitarci alle ultime due:
Bice Curiger ci portò il tema della percezione, dell'ILLUMInation, della luce come elemento autonomo e vivificatore, nonché quello del rapporto tra artista e viewer, focalizzandosi su un concetto artistico che enfatizza la conoscenza intutitiva e il pensiero illuminato, quali mezzi per affinare e accrescere le nostra capacità di percezione e quindi le nostre capacità di dialogo con l'arte.
Massimiliano Gioni fu interessato a osservare il fenomeno della creazione artistica dall'interno, e rivolse l'attenzione alle forze interiori che spingono l'uomo e l'artista a creare immagini e a dar vita a rappresentazioni, necessarie per sé e per colloquiare con gli altri, e indagò sulle utopie e sulle ansie che conducono l'uomo all’imprescindibile necessità di creare. La mostra si apriva con l'immagine di un utopico Palazzo Enciclopedico e con il libro illustrato di Jung.
Oggi il mondo ci appare attraversato da gravi fratture e lacerazioni, da forti asimmetrie e da incertezze sulle prospettive. Nonostante i colossali progressi nelle conoscenze e nelle tecnologie viviamo una sorta di “age of anxiety”. E la Biennale torna a osservare il rapporto tra l'arte e lo sviluppo della realtà umana, sociale, politica, nell'incalzare delle forze e dei fenomeni esterni.
Si vuol quindi indagare in che modo le tensioni del mondo esterno sollecitano le sensibilità, le energie vitali ed espressive degli artisti, i loro desideri, i loro moti dell'animo (il loro inner song). La Biennale ha chiamato Okwui Enwezor anche per la sua particolare sensibilità a questi aspetti.
Curiger, Gioni, Enwezor, quasi una trilogia: tre capitoli di una ricerca della Biennale di Venezia sui riferimenti utili per formulare giudizi estetici sull'arte contemporanea, questione “critica” dopo la fine delle avanguardie e dell'arte “non arte”.