ARENA
Nel 1974 la Biennale di Venezia, a seguito di un’importante riforma dell’istituzione e di una revisione dello Statuto e delle proprie direttive, lanciò un progetto ambizioso senza precedenti, un piano quadriennale di eventi e attività. Una parte dei programmi del 1974 fu dedicata al Cile; la Biennale si espose quindi attivamente con un gesto di solidarietà verso quel paese nel periodo immediatamente seguente il violento colpo di stato con cui, nel 1973, il governo di Salvador Allende era stato rovesciato dal generale Augusto Pinochet. Gli eventi della Biennale Arte del 1974, che coinvolsero artisti di ambiti diversi – arti visive, cinema, musica, teatro, danza, performance – furono dislocati in tutta la città di Venezia. Riunirono studenti, intellettuali, attivisti, sindacati, associazioni culturali e il grande pubblico, che parteciparono a dibattiti sul ruolo dell’arte e della cultura come strumenti di trasformazione sociale. Questo capitolo significativo che ha modificato la storia della Biennale è oggi quasi dimenticato, ma resta ampiamente documentato da una voluminosa pubblicazione Annuario 1975-Eventi del 1974 a cura della Biennale di Venezia.
Quel programma di eventi dedicato al Cile e contro il fascismo incide la nostra recente memoria come una tra le più esplicite prese di posizione con cui un’esposizione della statura della Biennale Arte abbia non solo reagito, ma abbia anche coraggiosamente tentato di condividere il proprio palcoscenico storico con il contesto politico e sociale contemporaneo.
È superfluo osservare che, nell’inquietudine dell’attuale scenario internazionale, gli Eventi della Biennale del 1974 sono stati una fonte d’ispirazione per la Mostra di quest’anno.
In risposta a quell’episodio così significativo e alla ricca documentazione che aveva generato, la 56. Esposizione Internazionale d’Arte: All the World’s Futures presenterà ARENA, uno spazio attivo nel Padiglione Centrale dei Giardini dedicato a una continua programmazione interdisciplinare dal vivo. Il cardine di questo programma sarà l’imponente lettura dal vivodei tre volumi di Das Kapital di Karl Marx (Il Capitale). Das Kapital diventerà una sorta di Oratorio: per i sette mesi di apertura dell’Esposizione la lettura dal vivo sarà un appuntamento che si svolgerà senza soluzione di continuità.
Concepita dal premiato architetto ghanese-britannico David Adjaye, l’ARENA fungerà da luogo di raccolta della parola parlata, dell’arte del canto, dei recital, delle proiezioni di film, e diventerà il foro delle pubbliche discussioni. Prendendo spunto dal rito sikh dell’Akhand Path (una recitazione ininterrotta del libro sacro per la quale si alternano più lettori nell’arco di diversi giorni), Das Kapital sarà letto da attori come un testo drammaturgico, con la regia dell’artista e regista Isaac Julien, per tutta la durata della Biennale Arte dal 6 maggio al 22 novembre 2015. Ad accompagnare la lettura dal vivo del fondamentale e tuttora controverso testo di Marx (un’opera classica di analisi economica e sociale che non potrebbe essere più pertinente nel nostro tempo) ci sarà una sequenza continua di altre performance orali tra le quali recital di libretti, testi di canti, copioni, ecc.
Sulla scia del concetto di “Vitalità: sulla durata epica”, la Biennale Arte ha commissionato agli artisti diverse nuove partiture e performance che saranno presentate nell’ARENA in un’analoga modalità – senza soluzione di continuità. Qui sarà particolarmente approfondito il concetto di canto, e la possibilità offerta dalla voce di essere lo strumento che scandisce il ritmo di una narrazione. Diversi saranno i progetti che articoleranno questo tema:
Olaf Nicolai sta preparando una nuova performance, ispirata alla innovativa composizione in due parti di Luigi Nono (Un volto, e del mare / Non consumiamo Marx, per voce e nastro magnetico) e ai più recenti tentativi del compositore italiano di pronunciarsi criticamente e politicamente attraverso il medium della musica e ispirandosi per i propri brani alle poesie di Cesare Pavese, alle scritte sui muri di Parigi, e a voci registrate dal vivo e in modo casuale durante manifestazioni cittadine. In questa performance per la Biennale Arte, Nicolai riflette su come Nono si sia accostato a ciò che è materiale, al corpo, alla voce, considerandoli elementi dotati di rilevanza politica nelle loro articolazioni del silenzio, e su come abbia investigato il testo come fonte di Klang (suono) o Atem (respiro): l’idea del testo come materiale e della forma come informazione – non solo il contenuto, quindi, è informazione. Come si può tradurre un testo con il suono e la musica? La nuova opera di Nicolai sarà sviluppata con la partecipazione di un gruppo di cantanti vicini ai concetti della musica di Nono. In diversi luoghi sparsi per il mondo, i solisti eseguiranno e registreranno brevi canti e partiture, che verranno poi ritrasmessi in digitale e saranno fruibili dai visitatori dell’ARENA grazie a un sistema di zainetti da indossare. La sequenza di ascolto in random, programmata cioè con una selezione casuale da un algoritmo, coinvolgerà ciascun visitatore in un’esperienza unica del brano sonoro e della partitura che si sviluppa.
Joana Hadjithomas e Khalil Joreige presenteranno una performance quotidiana di lettura del loro libro d’artista Latent Images: Diary of a Photographer, che costituisce la terza parte del progetto Wonder Beirut e contiene sia testi sia trentotto lastre fotografiche, selezionate tra le centinaia di rullini mai sviluppati dal fotografo libanese Abdallah Farah tra il 1997 e il 2006. Il fotografo, testimone della Beirut del dopoguerra, con la sua personalità filtra e ripropone eventi politici e sociali, ma anche personali e quotidiani, coprendo un arco temporale di quasi un decennio (1997–2006). Il volume di 1312 pagine, in edizione limitata, invita il pubblico a immergersi nelle immagini latenti. Le descrizioni delle immagini prendono il posto delle fotografie; brevi frammenti di testo descrivono le immagini invisibili, creando un nuovo spazio immaginario. Vari gruppi di persone si alterneranno per leggere il testo, restituendolo al pubblico attraverso una molteplicità di voci che richiama a sua volta la personalità di Abdallah, la sua storia, la sua ricerca fotografica, il paesaggio contemporaneo del Libano e la storia. L’intento, quindi, è quello di dare voce alla narrazione e sostituire al concetto di immagine latente l’immagine che emerge attraverso il corpo.
Jason Moran, con il suo STAGED, mapperà e approfondirà il tempo dei canti di lavoro nelle prigioni, nei campi, nelle case. In una campionatura dei canti di una prigione statale della Louisiana (Angola), il tempo varia da 57 a 190 battiti al minuto. I temi dei canti sono diversi e spaziano da una donna che batte le mani alla forza di un mulo impiegato per l’aratura. Il tempo fluttua, scandito da variazioni di battiti e ritmi. La reiterazione della scansione ritmica (con un martello, un’ascia o battendo il piede) è tanto un modo di marcare il tempo quanto un tentativo di mascherarlo: svincolando il lavoratore dall’orologio del padrone, i canti di lavoro creano una misurazione del tempo interiore che funziona su una scala diversa. Moran ha mappato questi canti di lavoro con un doppio approccio, concettuale e emozionale. Negli spazi dell’ARENA una voce solista eseguirà un ciclo di canti di lavoro. A volte si udirà la voce insieme a un canto preregistrato, a volte la voce sarà accompagnata solamente da uno strumento a percussione: tamburello, battito di mani o del piede. L’interprete annuncerà di volta in volta il singolo canto, distribuendo un foglio con il testo in italiano e in inglese. Ma Jason Moran and The Bandwagon eseguiranno anche dei canti di lavoro più recenti, composti negli ultimi dieci anni, che fanno risaltare l’aspetto strumentale e il contenuto melodico propri delle composizioni di questo tipo, nell’intento di mettere in evidenza i mantra che ovunque, nel mondo, hanno sostenuto i lavoratori.
Jeremy Deller esplorerà il tema delle condizioni di vita e di lavoro nelle fabbriche, a partire dalla fine del XIX secolo e fino ai nostri giorni, basandosi su materiali d’archivio. Il suo lavoro approfondirà problematiche quali l’assenza dei diritti dei lavoratori, i contratti a zero ore, le ore prefissate di lavoro e di pausa, il concetto di “tempo lavorativo” – e lo farà attraverso lo studio e l’esecuzione dei canti che si vendevano e si acquistavano per strada, in fogli singoli. Questi canti “di fabbrica”, un incrocio tra musica popolare e folk, a volte parlano del lavoro in generale, a volte raccontano in modo più specifico le condizioni lavorative all’interno delle fabbriche. Pur essendo conosciute come factory songs, queste composizioni probabilmente non erano cantate all’interno delle fabbriche, a causa del forte rumore dei macchinari.
Charles Gaines presenta la sua nuova magistrale composizione originale per la 56. Biennale Arte, tratta dal corpus del suo lavoro più recente, Notes on Social Justice, una serie di disegni in grande scala di partiture musicali di canti. Alcuni di questi risalgono addirittura alla Guerra Civile americana (1860–1865), altri sono degli anni ’50 del Novecento. La composizione musicale originale di Gaines si baserà su cinque arrangiamenti tratti da quattro sue opere, Notes on Social Justice, esposte in Mostra. I cinque pezzi musicali saranno progressivamente stratificati uno sull’altro durante il mese di programmazione delle esecuzioni, nel periodo di apertura dell’esposizione, come parte dell’Oratorio.
Mathieu Kleyebe Abonnenc presenterà alla Biennale Arte un memoriale temporaneo alla musica e alla personalità del musicista, cantante e straordinario compositore afroamericano Julius Eastman (1940-1990), il cui singolare e inimitabile contributo alla musica classica, contemporanea e d’avanguardia sarà esposto nell’ARENA per tutta la durata dell’esposizione. Le tre composizioni di Eastman per quattro pianoforti a coda, Evil Nigger (1979), Gay Guerrilla (1980) e Crazy Nigger (1980), saranno provate ed eseguite dal vivo ogni settimana di fronte al pubblico della mostra. Per l’esecuzione di Crazy Nigger, fra l’altro, sarà sollecitata anche la partecipazione del pubblico.
The TOMORROW punterà l’attenzione su Das Kapital, non solo come ambito astratto di apparati economici e logici, ma piuttosto come potenziale ricettacolo di storie e figure. Infatti, se la prosa del Capitale è tagliente e ancora in grado di alimentare discussioni, i personaggi appaiono obsoleti e remoti. I soggetti moderni – per i quali sono stati sviluppati i concetti di Das Kapital – non esistono più. Non c’è proletariato, né borghesia, né intellettuali – almeno non come li aveva immaginati Marx. Das Kapital sopravvive come una logica senza soggetti in grado di attivarla. Nella 56. Biennale Arte, The TOMORROW cercherà di immaginare i personaggi e le figure che potrebbero utilizzare il repertorio di Marx nel contesto contemporaneo. Tales on Das Kapital è una ricerca che si propone di interpretare teatralmente il Capitale attraverso la partecipazione di soggetti non moderni. The TOMORROW organizzerà dei seminari, da tenersi nei weekend, con l’obiettivo di investigare la dimensione narrativa ed epica del testo di Marx. Attraverso la partecipazione di artisti, scrittori, filosofi, attori, musicisti, visitatori, ogni weekend genererà un processo di annotazioni dal vivo di Das Kapital. Cinque interrogativi critici costituiranno l’asse portante dei seminari.
Le performance e le azioni dal vivo si svilupperanno nel Padiglione Centrale attraverso l’ARENA, all’interno della Biblioteca della Biennale, dove sarà consultabile NOA (Not Only Arabic) di Mounira Al Solh, una rivista periodica in edizione limitata fondata nel 2008, per una consultazione individuale da concordare su appuntamento. Durante la vernice, dal 6 all’8 maggio, Lili Reynaud Dewar e i suoi studenti daranno vita a una lettura, anche questa nella Biblioteca, di una selezione di testi che coprono un arco di tempo che va dalla metà degli anni ’90 a oggi: analisi, testimonianze, manifesti approfondiranno temi come l’intimità, la vulnerabilità e la promiscuità correlati all’epidemia di AIDS.
A collegare le due sedi principali della Mostra (Giardini e Arsenale) sarà Saâdane Afif con The Laguna’s Tribute: A Corner Speaker in Venice, performance che si svilupperà all’inizio di Via Garibaldi (lato Canal Grande). Sarà allestito uno speaker corner locale che presenterà al pubblico letture e canterà canzoni scritte da amici dell’artista, con testi che toccano un’ampia varietà di tematiche e concetti.
Anche l’Arsenale sarà il palcoscenico di diverse performance, a cominciare dal nuovo progetto diJennifer Allora e Guillermo Calzadilla, In the Midst of Things, che coinvolgerà un coro nell’interpretazione di un arrangiamento di Die Schöpfung (La Creazione) di Joseph Haydn. Questo lavoro, composto tra il 1796 e il 1798, tratteggia e celebra la creazione del mondo e le origini dell’umanità. Il libretto è ispirato ai racconti della Genesi e del Paradiso Perduto di Milton (1667). Questa nuova performance esplorerà la tradizione del racconto in medias res e di altri metodi narrativi – quali la cronologia inversa, il flashback, il flash-forward – applicando tali sequenzialità non lineari all’arrangiamento musicale. La performance interverrà letteralmente sull’ordine musicale della partitura e la eseguirà in modalità forward e backward e anche passando da un brano all’altro. Questi rovesciamenti, queste inversioni e interruzioni della sequenza dei brani saranno parallelamente amplificati e messi in scena sul palcoscenico, investigando anche il backmasking e l’inversione fonetica della parola cantata.
Tania Bruguera ricreerà la sua performance e video installazione Untitled (Havana, 2000), che riflette sulla intenzionale "cecità" alla realtà della vita dei cittadini sotto il regime di Fidel Castro. L’intento è quello di avvicinare lo spettatore a una realtà densa di contraddizioni attraverso un’esperienza multisensoriale.
Analogamente, The Sinthome Score (2013–2015) di Dora García propone dieci serie di movimenti corporei per ciascuno dei dieci capitoli del testo lacaniano Joyce – Il sintomo, che costituiscono una vera e propria partitura eseguibile da chiunque. L’opera è concepita come una performance in duo, in cui un performer legge e l’altro esegue le coreografie; nelle passate rappresentazioni i visitatori hanno raccolto una copia della partitura e hanno partecipato alla lettura o alla danza. The Sinthome Score è comunque una performance continua, ininterrotta, che prescinde dalla presenza del pubblico.
Ivana Müller proporrà We Are Still Watching, una pièce eseguita dalla “instant community” di spettatori che quindi cambierà di volta in volta così come il testo, che risulterà completamente diverso e nuovo a ogni esecuzione. Per circa un’ora – durante la quale il pubblico condividerà la lettura del copione – si formerà una comunità, una microsocietà che dovrà accettare una sfida: quella di prendere delle decisioni, singolarmente e collettivamente, durante il “semplice” atto di leggere un testo predisposto per l’occasione.
Le Corderie ospiteranno Theaster Gates con la sua nuova installazione multimediale Martyr Construction. L’opera affronta la questione del ripetuto smantellamento e della scomparsa di numerose chiese appartenenti a quartieri con etnie afroamericane e ispaniche in tutti gli Stati Uniti. Questa sorta di erosione metropolitana interna ha creato sacche di disperazione ma anche l’opportunità per immaginare nuovi futuri per lo spazio pubblico e urbano. Per l’installazione di Gates saranno suonate piccole canne recuperate da un organo di una chiesa abbandonata. Le canne sono costituite da materiali di recupero – fra cui tegole, mattoni, marmo, una campana e una parte della statua di San Lorenzo – che l’artista ha ritrovato nella chiesa cattolica di St. Laurence, nel South side a Chicago; prima di diventare un cumulo di macerie, l’edificio ha dato rifugio a immigranti polacchi e irlandesi e infine agli afroamericani.