Candice Lin è nota per un uso inventivo dei materiali: che siano tè, tintura madre ricavata dai cactus o funghi e pipistrelli morti, sono tutti impiegati enfatizzandone le peculiarità, compresi gli odori e i sapori. Per questo adotta modalità di esposizione spesso associate all’antropologia e alla storia naturale, che vengono reindirizzate e riformulate per accentuare, criticare e interrogare in modo complesso le storie coloniali radicate nei materiali e nelle suddette discipline. Xternetsa nasce dall’unione di due opere precedenti: l’installazione Seeping, Rotting, Resting, Weeping (2021) – che comprende una tenda di stoffe indaco simile a un tempio, gatti in ceramica e un’animazione video che guida i visitatori nei movimenti del Qi gong – e il lavoro The Mountain (2016) – che espone su tavoli oggetti come dipinti, bachi da seta vivi, piante di gelso, frammenti di ceramiche e un’iguana impagliata. Riconfigurati in Xternetsa, questi tavoli ci accompagnano attraverso fasi trasformative: i fanghi provenienti dalle paludi di Saint Malo, primo insediamento asiatico negli USA, sono cotti per realizzare ceramiche; l’amido ricavato da piante di kudzu bollito è trasformato in bioplastica; e piante tradizionali cinesi come ginseng e Dong quai sono placcate in rame. Insieme, i materiali evocano retroscena storici di pratiche artigianali, lavoro manuale, rituali, botanica, commercio globale, nonché la poderosa violenza della brama di possesso coloniale occidentale.
Madeline Weisburg