L’artista californiana Kaari Upson esplora le dimensioni psicologiche e interpersonali dell’esperienza famigliare negli Stati Uniti. È nota soprattutto per i grandi disegni realizzati a grafite e per gli inquietanti calchi in silicone, resina, pigmento e carboncino – sculture dipinte e distorte raffiguranti mobili, figure e oggetti domestici. Le sue composizioni sono abiette, inquietanti e quasi troppo umane, composte da sculture che si afflosciano, cedono e si appoggiano ai muri e agli angoli come a denunciare lo sfinimento psicologico della loro genesi. La recente serie Portrait (Vain German) (2020–2021) è avviata realizzando tele in miniatura con ritratti a base di un impasto denso e altri materiali. Successivamente l’artista impiega tecniche di modellazione 3D per creare stampi e calchi sui quali applicare strati di uretano, resine e pigmenti. Plausibilmente alludendo alla madre e a se stessa – soggetti frequentemente catturati nelle sculture e nei video – i complessi dipinti dimensionali si concretizzano attraverso le tonalità rosa carne, blu intenso e giallo fluorescente. I volti dipinti, con i loro sguardi fissi che sembrano provenire da un altro mondo, mutano tra il macabro, lo scheletrico e il sereno, tra il frammentario e l’astratto fino ad apparire completamente annientati, forse una riflessione sulla malattia e sull’inesorabile declino del corpo.
Melanie Kress