L’attività di Rosana Paulino abbraccia numerosi ambiti quali disegno, ricamo, incisione, serigrafia, collage, scultura e installazione per esplorare la storia della violenza razziale e il persistente retaggio della schiavitù in Brasile. L’artista analizza in dettaglio l’elaborazione e la diffusione delle teorie colonialiste e razziste che hanno giustificato l’imperialismo europeo e il commercio degli schiavi. I disegni della serie Wet Nurse (2005) esaminano il ruolo di donne nere ridotte in schiavitù che allattavano i figli del padrone. Un groviglio di vene che si diramano da seni arrossati spunta dai capezzoli a indicare il latte e, al contempo, a suggerire gocce di sangue. Nella serie Weavers (2003), dai seni, dalle vagine, dagli occhi e dalle bocche delle donne spuntano delle radici che sembrano avvolgere e torturare chi li ha generati. La serie Senhora das plantas (2019) ritrae radici e piante che si diramano da corpi femminili. Nella serie Jatobá (2019) tronchi emergono dal suolo e si innalzano fino a confondersi con corpi umani che, a loro volta, si fondono e sono avvolti da fiori, piante e alberi. Nella serie di disegni antropomorfi Carapace of Protection, eseguita nel primo decennio del Duemila, delle figure emergono da alcuni bozzoli, nei quali il processo di metamorfosi concede ai corpi un momentaneo senso di euforia. Rivelando la promessa di trasformazione e la possibilità di evitare paradigmi immutabili, la pelle diventa la reliquia di un tempo passato e simboleggia la caduta delle costrizioni.
Liv Cuniberti