Nei primi anni Cinquanta, pochi anni dopo il suo trasferimento a Parigi del 1947, l’artista ungherese Vera Molnár realizza una serie di composizioni astratte caratterizzate dalla ripetizione di figure geometriche. Questi primi lavori sono in linea con quelli dei collettivi artistici in tutta Europa che esplorano ricerche sulla programmazione e combinazione del segno grafico. Unica co-fondatrice donna tra gli esponenti del GRAV (Group de Recherche d’Art Visuel), tra il 1961 e il 1968 Molnár perfeziona il suo linguaggio geometrico completandolo con una gestualità sistematica. I lavori Machines imaginaires sono il risultato dell’applicazione di una regola preordinata che l’artista segue pedissequamente in tutte le fasi della loro realizzazione. Molnár programma la sua produzione artistica con regole algoritmiche che diventano effettivamente meccaniche solo nel 1968. Ogni lavoro della serie Computer Drawings (1970–1975 ca.) è diverso dall’altro ed è formato da segmenti, punti e forme che rispondono univocamente alla combinazione di parametri immessi nel computer appena acquistato dall’Università di Parigi. Questi disegni sono il risultato di un dialogo tra l’essere umano e la macchina: giocando sugli equilibri di questa strana comunicazione, Molnár rende il primo più capace e la seconda più sensibile.
Stefano Mudu