A partire dagli anni Venti, le comunità di origini africane vengono scosse a livello internazionale da un’entusiastica rivendicazione identitaria. Parigi, in particolare, accoglie un crescente numero di intellettuali provenienti dall’Africa e dai Caraibi, molti dei quali fondano snelle riviste artistico-letterarie destinate a divenire le tribune dei più accesi dibattiti ideologici. Sulle pagine di una di queste, L’Etudiant noir (1935), il poeta martinicano Aimé Césaire sottolinea i disastrosi effetti culturali del progetto coloniale francese e sostiene che la gioventù nera sia pronta a celebrare la propria Négritude nell’arte e nella letteratura. Le parole di Césaire suscitano grande ottimismo e, nel raggiungere le colonie, danno avvio al primo movimento intellettuale panafricano del mondo francofono. Nel 1941 Césaire torna in Martinica e, insieme alla moglie Suzanne Césaire e all’amico René Ménil, fonda la rivista Tropiques. Per quattro anni il progetto editoriale pubblica poesie, saggi e novelle delle maggiori autrici e autori internazionali di origine africana e – in maniera del tutto singolare – adotta un approccio surrealista. Tuttavia, mentre l’avanguardia francese promuove una fantasiosa fuga dal reale, la redazione di Tropiques sembra mirare a obiettivi più poeticamente militanti. Anche a detta di Suzanne Césaire, in effetti, onirico e metaforico sono gli unici strumenti per superare le squallide antinomie tra bianchi e neri, tra europei e africani.
Stefano Mudu