Nel romanzo sperimentale Un ventre di donna. Romanzo chirurgico (1919), l’attrice e scrittrice toscana Enif Robert racconta la storia di una donna che subisce l’asportazione dell’utero in seguito a una malattia infiammatoria. Il racconto è la cronaca delle sofferenze che la protagonista patisce durante la degenza e – scandito da parole in libertà e lettere che l’amico Marinetti le invia dal fronte – descrive l’operazione come una guerra personale e femminista. Combattendo il suo ginecologo che è contrario all’idea di renderla sterile, Robert sottolinea i vantaggi dell’isterectomia; si dice libera della volubilità che la società riconosce nella donna, finalmente capace di una creatività vera e futurista. L’immagine di copertina disegnata da Lucio Venna per la prima ristampa del volume riassume perfettamente le intenzioni dell’autrice e, ritraendo una figura femminile, slanciata e alla moda, descrive Robert come una donna rinvigorita dalla battaglia contro il medico alle sue spalle. Anche nel suo contributo alla rivista fiorentina “L’Italia futurista” (1916–1918) – e soprattutto nei componimenti paroliberi del 1917 Malattia+infezione e Sensazioni chirurgiche – Robert aveva suggerito una certa corrispondenza tra la salute del corpo e la mente umana. Ma mentre quei contributi miravano a risvegliare le coscienze politiche di un Paese in guerra, Un ventre di donna sottolinea la necessità di considerare il corpo femminile come la sede di una nuova indipendenza e dimostra la possibilità di modificare il proprio destino, accettando anche le più invasive trasformazioni del corpo.
Stefano Mudu