Formatasi secondo i principi della danza espressionista e allieva della nota ballerina Gret Palucca, la danzatrice e atleta Karla Grosch adotta uno stile ritmico e dinamico basato su movimenti fortemente teatrali e gestualità geometriche. Le poche foto che documentano la pratica del suo approccio coreutico sono scattate dal pittore e fotografo T. Lux Feininger e si riferiscono a una collaborazione teatrale tra Grosch e Oskar Schlemmer. Quest’ultimo, direttore della scuola di teatro della Bauhaus, nel 1929 scrittura la danzatrice come interprete del suo lavoro Materialtänze e, al teatro Volksbühne di Berlino, le affida l’esecuzione di due particolari coreografie dedicate al metallo – Metalltanz – e al vetro – Glastanz. Se la prima si caratterizza per una scenogra- fia fatta di lamiere tra cui l’artista compie incredibili gesti atletici, la seconda evidenzia una forte attenzione ai costumi. Qui Grosch appare estremamente limitata nei movimenti: sopra una tuta nera aderente indossa una gonna fatta si lunghe e sottili aste di cristallo, restituendo l’immagine di una strana divinità metà umana e metà robotica. In stile futurista e in linea con la fascinazione per la tecnologia che Schlemmer condivide con le avanguardie europee, le immagini documentali delle coreografie sembrano alludere a una nuova dinamica tra corpo e mente: al variare del primo, modificato dai costumi e dalle atmosfere avveniristiche, la mente diventa più potente e si dota di un’intelligenza espansa e artificiale come gli innesti della sua struttura fisica.
Stefano Mudu