Nour Jaouda è un’artista libica che fonde vita e pratica estetica attraverso continui spostamenti tra luoghi reali e ricordati. Gli alberi di fico appartenenti alla nonna dell’artista a Bengasi, in Libia, regalano il loro impulso poetico ai tre tessuti esposti alla Biennale Arte 2024. Fortemente legati al luogo, gli alberi custodiscono e incarnano i ricordi. Jaouda ne ricrea gli elementi botanici decostruendo le stoffe, tingendole con toni terrosi e ricucendole in arazzi scultorei. Per l’ideazione e il titolo si ispira alla personificazione degli ulivi del poeta palestinese Mahmoud Darwish. In queste opere e nelle precedenti affiorano concetti di assenza di radici e resilienza, di distruzione, rigenerazione e atemporalità. Jaouda ama i processi lenti, fisici e sentiti della fabbricazione dei tessuti tinti a mano. La loro intrinseca connettività li associa all’eterno e al divino; per l’artista, i tessuti non hanno inizio né fine. Le tinture vegetali possiedono una forza propria e imprevedibile, che dà vita all’opera. I suoi tessuti, sontuosamente stratificati, risuonano di colori profondi ed eterei, ombrosi e luminescenti, e infinitamente strutturati come la memoria stessa.
L’opera di Nour Jaouda è esposta per la prima volta alla Biennale Arte.
—Jessica Gerschultz