Da un lato uno degli strumenti più affascinanti che incarnano l’armonia e anche uno dei più antichi, con migliaia di anni di storia alle spalle e alterne fortune nella storia della musica, capace di coprire tanti generi – classica, folk, pop – ma ancora oggi usato con parsimonia. Dall’altro le potenzialità dell’elettronica che caratterizza la ricerca della musica dal secondo ‘900 a oggi. L’arpista Emanuela Battigelli, notevole solista e in formazione da camera oltre che in collaborazione con importanti orchestre come Berliner Philharmoniker, London Philharmonia, Orchestra del Teatro alla Scala, impagina un concerto che comprende tre nuovi pezzi commissionati dalla Biennale a Michele Sanna, Daniele Bravi, Maurizio Azzan, oltre a brani di Malika Kishino e Daniela Terranova.
Metafora di un luogo astratto e immaginato, Dove tutto è possibile di Michele Sanna fa dell’arpa una macchina generatrice di suono che può raggiungere territori inesplorati.
In Wood Metal Strings di Daniela Terranova l’esplorazione del materiale stesso di cui si compone lo strumento è determinante per una partitura che si configura come immaginazione sonora legata alle diverse modalità – anche gestuali – di produzione del suono.
L’arpa diventa poi immagine di vitalità, come quella di un fiore di loto che cresce nel fango sino allo “sbocciamento” conclusivo in Éclosion (la cui traduzione è appunto “sbocciamento”) di Malika Kishino.
In Dove tutto è stato preso II Maurizio Azzan cerca di trascendere attraverso la saturazione la storia dell’arpa per far implodere tutte insieme le memorie che incrostano e consumano il suono dello strumento.
L’eco dell’immediato svanire di Daniele Bravi dà forma sonora a un paradosso temporale, con l’azione dell’interprete che svanisce ancor prima di compiersi perché sottratta al suo futuro.