Biennale College Teatro 2022: i vincitori del bando performance site-specific
I progetti di Aine E. Nakamura e di Antoine Neufmars andranno in scena al 50. Festival Internazionale del Teatro.
Biennale College Teatro
Performance site-specific
La performer, cantante e compositrice nippo-americana Aine E. Nakamura e il performer, drammaturgo e fotografo francese Antoine Neufmarssono i vincitori della seconda edizione di Biennale College Teatro che premia progetti di performance site-specific, pensati per gli spazi all’aperto di Venezia. I due performer, che sono stati selezionati presentando un estratto del loro lavoro su una rosa di 77 proposte iniziali, realizzeranno il loro progetto ognuno con il contributo di 25.000 euro per presentarlo nella sua forma compiuta al 50. Festival Internazionale del Teatro (24 giugno > 3 luglio) rispettivamente con Under an Unnamed Flower e con Odorama.
Under an unnamed flower
Aine E. Nakamura
La performer-compositrice-cantante nippoamericana Aine E. Nakamura, con il tassello presentato del suo futuro progetto transfrontaliero, Under an Unnamed Flower, in virtù di un uso melodico della voce, di un originale processo di scomposizione e ricomposizione del linguaggio, di figurazioni libere e di parole tridimensionali che valicano impregiudicatamente i confini del Teatro, della Danza e della Musica, sbalzandoci all’interno di un vortice di luce poetico, sprigionante visioni, sogni, ricordi, colori e sensazioni, ci catapulta – pur restando in continua relazione con il passato personale, la famiglia e il Giappone, uno dei suoi paesi d’origine – in un Presente, così ambivalente e complesso, dove gli eventi drammatici della Storia, come le guerre, la violenza delle invasioni, lo sradicamento e la perdita di un suolo proprio, si intrecciano con il respiro delle sue narrazioni rarefatte ed enigmatiche, impigliandosi implacabilmente nella sua vita privata di esule, di viandante che esorta alla non-violenza e alla resistenza pacata.
Connessa in stretta intimità con il suo château intérieur e il mondo spirituale circostante, il viso cinereo che pare istoriato nella neve, Aine E. Nakamura, as an unnamed flower that lives at the site in the wind, con gambe e braccia in continuo movimento per l’accuratezza del Rito, gli occhi mobili che scrutano la società contemporanea, le orecchie che ne raccolgono le storie prillanti nell’etere come antidoto alla dimenticanza, in relazione simbiotica con la Natura (piante, animali, terra) e l’Umanità tutta, assorbendone ogni umore, ne ascolta le voci per poi rilanciarle in modo pacificamente “rivoluzionario”, rivendicando gli universi emotivi che ciascuno di noi si porta dentro.
Allontanandosi così dalle traiettorie routinarie di rappresentazione e dalle consuete modulazioni sonore della tradizione occidentale, con un plurilinguismo ammaliante, svincolato dagli obblighi del reale, Aine E. Nakamura, si metamorfizza in una sorta di ipnotico pifferaio magico che dietro il suo apparente stupore infantile, incanta – come una di quelle creature in kimono favolistico e di leggiadra bellezza nei romanzi di Kawabata o Akutagawa – raccontando con tono soave cose che in realtà disapprova fermamente, rifiutando, anche quando le tenebre s’incuneano come bestie spettrali nel labirinto dell’esistenza,l’ineluttabilità dei compromessi e opponendosi alle coercizioni sociali opprimenti della porcilaia politica.
Odorama
Antoine Neufmars
Olezzo. Ergo sono.
La memoria, l’olfatto, la loro perdita: un’equazione che tratteggia la dipartita da noi stessi e innesca una riflessione esistenziale. Una fragranza non solo genera un ricordo; ne è testimonianza, di quello che siamo e del misterioso viaggio intrapreso.
Con un bagaglio di esperienze che spaziano tra le arti visive e l’attività di drammaturgo, Antoine Neufmars, artista belga residente a Parigi, ha presentato un frammento di studio sul progetto ODORAMA.
Partendo da un disturbo personale, l’anosmia, scomparsa dell’olfatto in seguito a Covid-19, l’artista traccia un’indagine sul valore identificativo della memoria attraverso la percezione dell’odore di riferimento.
Come un ergastolano in isolamento e bisognoso di restare agganciato al suo passato, Neufmars stabilisce una relazione One-to-One con un passeggero/cliente/ compagno di cella per affrontare la clausura, la menomazione e processare le sue impronte di essere vivente, attraverso la condivisione di ricordi con l’Altro da sé.
Dribblando lo sconosciuto tra flaconi di essenze diversificate e generatrici di panorami feroci nella loro evocazione, il performer si lascia condurre dalle sue vertigini per ripercorrere i codici dei desideri, della sua sessualità, dei bisogni mai espressi.
Attraverso l’uso del corpo, dei liquidi, di foto e testo detto/scritto/abitato, Neufmars come un novello Virgilio, cauto ma inflessibile, sospinge lo spettatore a incontrare e abbracciare lo scienziato che ha di fronte come unica possibilità di redenzione sensoriale.
Attraverso un nuovo, apparentemente danneggiato, apparato ricognitivo, l’artista riscopre i codici di comunicazione, rischiando, e gettando tra le ampolle da laboratorio la parte lacerata più intima di sé per riattivarne una sutura condivisa.
Una confessione negli abissi, in cui lo spettatore trascinato può osservare come seduto sul fondo di una piscina; a corto di ossigeno in una fusione amniotica col performer che non può lasciare indifferenti.
Quale sarebbe la nostra identità senza i ricordi?
La domanda essenziale di Antoine Neufmars prova a trovare risposte in questo itinerario di Odorama: il profumo di un figlio, quello di un compagno, la pelle di un amore; se una spugna cancellasse via queste impronte come risalire in superficie?
Le distanze di sicurezza, le doppie mascherine, la chiusura delle frontiere e le guerre inconcepibili ci allontanano da noi come singoli e come comunità; gli odori, e soltanto loro, ci consegnano le regole dell’animale sociale che siamo; sono portali per entrare in connessione con una stanza misteriosa che abbiamo murato.
Antoine Neufmars, oltre a mettersi a nudo con approccio matematico nel proprio inferno autobiografico, ci accompagna - in questo inatteso esperimento espressivo - nello smascheramento di quanto ci siamo privati assecondando il mondo fuori e cauterizzando quei sensi e ricordi personali che ci rammentano lo zenit di consapevolezza auspicato.
Stefano Ricci Gianni Forte