Shuang Li è cresciuta nel contesto rurale della Cina sudorientale, tra YouTube e MySpace, circondata da console Nintendo contraffatte, videogame piratati e CD dakou, dischi invenduti e bucati, ritirati dal mercato occidentale e importati in Cina come eccedenze di plastica, venduti sottobanco per tutti gli anni Novanta. Sintonizzata sin da bambina con i meccanismi che guardano alle tecnologie come seducenti agenti di intrattenimento, l’artista ha presto compreso la loro capacità di fungere da vettore di profondo controllo sugli individui nella nuova era cinese di sviluppo accelerato e neoliberalismo globale. L’opera interdisciplinare di Li sottolinea l’attrito tra biopolitica e corpo, desiderio digitalizzato e intimità tra le persone. Sulla scia di molte artiste e artisti surrealisti dell’inizio del XX secolo che avevano spesso affrontato il rapporto tra sessualità e mercificazione nell’esplorazione della figura umana, Li permea di erotismo corporeo gli spazi digitali del consumismo. In ÆTHER (Poor Objects) (2021), il cui titolo gioca sulla parola inglese ether (etere), Li amalgama riprese eterogenee, come un’eclissi solare associata a immagini illuminate da luci ad anello, strumento d’elezione di influencer e vlogger. Suggerendo un collegamento estetico e concettuale tra questi anelli di luce – uno naturale, l’altro artificiale, entrambi straordinari –, l’artista rappresenta lo slittamento tra esperienza virtuale e dimensione fisica dell’esistenza.
Madeline Weisburg