Pittrice, scultrice e scrittrice, Dorothea Tanning si avvicina al Surrealismo dopo aver visto la mostra Fantastic Art, Dada, Surrealism (1936–1937) al Museum of Modern Art di New York. A seguito di questo coinvolgente incontro si impegna a conoscere più a fondo i surrealisti, fuggiti dall’Europa durante la Seconda guerra mondiale all’inizio degli anni Quaranta. In una serie di dipinti che uniscono il familiare con l’estraneo, l’artista rivela l’automatismo psichico dei sogni come manifestazione di pensieri repressi relegati nell’inconscio, per esplorare mondi paralleli, paure, desideri e sessualità. In contrapposizione ai ruoli stereotipati che il Surrealismo impone alle donne, le figure femminili di Tanning rifiutano un’identità fissa e rappresentano i perpetui stati cinetici del divenire. Avatar (1947) ritrae una giovane con gli occhi chiusi che ondeggia su un trapezio circense, mentre il suo vestito, o guscio, modellato dall’assenza del corpo, penzola da un altro trapezio alle sue spalle, in una camera da letto vittoriana tappezzata con carta da parati floreale. Forze sconosciute dell’immaginario inconscio si insinuano nello spazio domestico. Fondendo fantasia e realtà, Deirdre (1940) ritrae una donna dai lunghi capelli sempreverdi e la carnagione perlacea, abbigliata con rossi drappeggi annodati. Grazie alla metamorfosi dei capelli in pianta, Tanning attira l’attenzione sul potenziale di trasformazione della natura.
Liv Cuniberti