DENTRO LA CREAZIONE DI NUOVI LINGUAGGI
Da quando sono stato scelto per dirigere la Biennale Teatro, insieme ai miei collaboratori leggo, cerco, ascolto tutto ciò che la Biennale è stata ed è; accompagnarla per quattro anni vuol dire essere accompagnato da lei, capirla e intravedere come riuscire a dare e ricevere. La Memoria è scritta, testimoniata, perché ci racconta e ci rende ciò che siamo e ci consiglia ciò che potremmo essere. Ciò che mi sembra di aver capito, in questo breve periodo, è che la Biennale Teatro rappresenta qualcosa di diverso, perché la sua storia la rende diversa. La Biennale Teatro non può e non deve essere una sorta di clonazione dei tanti Festival che ci sono in Europa e non solo, non può essere un contenitore, una vetrina di spettacoli; per il suo valore storico e culturale, è quel luogo dove una volta all'anno gli spettatori, gli operatori e tutti gli addetti del settore si incontrano per vivere insieme alcune giornate di cultura teatrale e per osservare i tanti linguaggi del teatro e il loro continuo evolversi. Un luogo dove possiamo vedere più opere di maestri, di registi, o più frammenti d'opera che ci concedono al contempo di assistere da vicino al processo creativo di un amato maestro o di un nuovo regista che traccia nuovi alfabeti, nuove grammatiche che possono evolversi in linguaggio. Su come nasca un processo creativo cala sempre uno spietato velo di silenzio, neppure un regista, o un autore, è in grado di spiegare a posteriori il momento dell'ispirazione. Spesso, una volta che la creazione è compiuta, l'artista non sa più nulla della sua origine, né di come essa sia maturata o come si sia formata. Mai, o quasi mai, è capace di spiegare come le parole si siano combinate per dar vita a una strofa, come le successioni di immagini sono divenute un atto teatrale; la sola cosa che può aiutarci a comprendere è la possibilità di tentare di segnalare o seguire un processo artistico, capace di condurci in quella zona di mistero che ci avvicina alla creazione di nuovi linguaggi. Per far questo non basta uno spettacolo, non si possono mettere in mostra gli spettacoli, ma bisogna tentare di mettere in mostra i registi e le loro opere. Per questo motivo, pur nel nostro piccolo, tentiamo di creare per ogni regista ospite delle piccole “personali”, che possano aiutare ad avvicinarci ai differenti mondi creativi dei vari artisti.
Quest’anno, l'accostamento di spettacoli, e quindi la creazione di mini-personali, ha evidenziato che soprattutto nelle registe donne è più facile, anche in un breve tempo, intravedere la nascita, o meglio, l'evoluzione dei linguaggi, e ovviamente questo ci ha stimolato a dare, per questa nostra prima Biennale, per questa nostra apertura di porte su un quadriennio, il passo di entrata alle registe donne. Molte di loro capaci di evolvere con grande naturalezza, ma al contempo con profondo senso critico, l'unione dei linguaggi che fanno da ponte tra il secolo scorso e questo. È proprio nella concentrazione di una ricerca del linguaggio che, soprattutto nelle registe donne, abbiamo riscontrato un’esigenza, una necessità mai gratuita, mai legata a un bisogno puramente carrieristico o di affermazione, ma da una sincera urgenza creativa.
A loro il nostro inizio di questo quadriennio,
Ladies first!