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Biennale Musica 2019: i maestri e le nuove generazioni
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Biennale Musica 2019: i maestri e le nuove generazioni

Dal 27 settembre al 6 ottobre 2019 il 63. Festival Internazionale di Musica Contemporanea presenta 16 appuntamenti e 30 prime esecuzioni.

Il Festival

A Venezia dal 27 settembre al 6 ottobre il 63. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, diretto da Ivan Fedele e organizzato dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta, presenta 16 appuntamenti per un totale di 30 prime esecuzioni: 19 assolute (con 12 commissioni della Biennale) e 11 italiane.

“Dopo i temi trattati nelle due edizioni precedenti, - scrive Ivan Fedele - che riguardavano le relazioni tra musiche e culture del Continente asiatico (2017) e di quello americano (2018) con le esperienze europee di punta, il prossimo Festival si occuperà eminentemente di alcune delle realtà più interessanti (compositori e interpreti) del “Vecchio Continente” il quale resta un punto di riferimento della musica e, in generale, della cultura del nostro tempo. Un continente che non ha cessato di porsi domande cruciali riguardo all’arte e alla sua relazione con il proprio presente e che, ancora oggi, è protagonista di molteplici spinte propulsive che investono gli ambienti artistici di tutto il mondo”.

 

In accordo con questo tema è George Benjamin, Leone d’Oro alla carriera 2019 a inaugurare il 63. Festival Internazionale di Musica Contemporanea il 27 settembre con il suo primo lavoro operistico di ampio respiro salutato come un capolavoro: Written on Skin, eseguito dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Clemens Schuldt. Realizzato nel 2012 per il festival di Aix-en-Provence, Written on Skin - che accanto al compositore britannico più osannato dal mondo della musica internazionale vede Martin Crimp per il libretto e Katie Mitchell alla regia, la scena anglosassone più avvertita - ha avuto tre anni di programmazione e cinque diverse realizzazioni dopo quella inaugurale.

E se da un lato George Benjamin rivitalizza il teatro musicale con una magistrale operazione di “raccordo” con il passato (fin dalla storia che attinge alla vita e all’infelice amore del leggendario poeta trobadorico Guillem de Cabestaing), dall’altro il compositore franco-greco Georges Aperghis, rinnova radicalmente la pratica musicale creando un proprio universo surreale e polifonico dove tutti gli ingredienti - vocali, strumentali, gestuali, scenici, tecnologici - traslati dall’uno all’altro contesto si integrano. Come accade in Thinking Things, l’ultimo lavoro di Aperghis in prima italiana a Venezia, scritto per quattro interpreti, estensioni robotiche, video, luci ed elettronica. L’uomo e la macchina, la nuova coabitazione imposta all’uomo dalla sua creatura non sono proposte nella tradizionale visione apocalittica ma con humour e fantasia che fanno pensare al mondo magico di Méliès più che a Metropolis.

 

Accanto ai maestri, molte proposte in programma al Festival ad opera delle nuove generazioni sembrano uscire sempre più dal proprio perimetro per incontrare altre modalità di espressione. Eclettismo, commistioni inedite, giustapposizione di materiali e influenze in modi sempre diversi e sempre nuovi sembrano caratterizzarle.

Ci sono accostamenti strumentali impensabili che cortocircuitano ambiti tradizionalmente diversi, come in Songbook, che unisce un quartetto rock, un ensemble classico amplificato e il live electronics, progetto firmato dal suo autore-performer Matteo Franceschini, premiato con il Leone d’Argento, e realizzato incrociando gli interpreti dell’Icarus Ensemble e del Cantus Ensemble di Zagabria. Ultimo tassello di un trittico intitolato Live che intende unire ”la complessità, profondità e ricchezza della scrittura contemporanea (la pagina ‘scritta’) con l’energia ‘illimitata’, l’impatto visionario e la ricerca costante di nuove sonorità proprie di un electro-rock live set” (M. Franceschini).

Ci sono poi apparentamenti tra strumenti lontani nel tempo e nello spazio che si integrano e reinventano la musica come in Nomaden, opera del compositore olandese residente ad Amsterdam Joël Bons premiata con il Grawemeyer Music Award 2019, il Nobel della musica. Composto per il grande violoncellista Jean-Guihen Queyras e l’Atlas Ensemble, che raccoglie 18 musicisti da Cina, Giappone, Medio Oriente, Asia Centrale ed Europa, Nomaden incorpora una vastissima gamma di strumenti – dal duduk armeno al setar iraniano e al kamancha azerbaigiano, dall’ehru cinese allo shakuhachi giapponese e al sarangi indiano – e la loro, per lo più sconosciuta, tavolozza timbrica. Un lavoro che per Bons, che vede l’arte come creazione interculturale, è un punto di arrivo dopo 14 anni passati a esplorare insieme all’Atlas Ensemble, di cui è fondatore, queste possibilità.

Un concerto per arpa ed elettronica per scoprirne le seduzioni nel connubio fra sonorità apparentemente distanti e contrastanti è la proposta di Emanuela Battigelli. Da un lato uno degli strumenti più affascinanti che incarnano l’armonia e anche uno dei più antichi, con migliaia di anni di storia alle spalle e alterne fortune nella storia della musica, capace di coprire tanti generi – classica, folk, pop – ma ancora oggi usato con parsimonia. Dall’altro le potenzialità dell’elettronica che caratterizza la ricerca della musica dal secondo novecento a oggi. L’arpista Emanuela Battigelli, notevole solista e in formazione da camera oltre che in collaborazione con importanti orchestre come Berliner Philharmoniker, London Philharmonia, Orchestra del Teatro alla Scala, impagina un concerto con tre nuovi pezzi commissionati dalla Biennale a Michele Sanna, Daniele Bravi, Maurizio Azzan, una prima italiana di Malika Kishino e un brano di Daniela Terranova.

“Rendere in musica il cuore emotivo della parola” è ciò che può accomunare il repertorio antico alla creazione contemporanea. Come nella giustapposizione della Missa da cappella a sei voci di Claudio Monteverdi sul mottetto In illo tempore del Gomberti alla composizione di Gianvincenzo Cresta per sei voci ed elettronica, che debutta in prima assoluta alla Biennale, e intitolata al testo di Giordano Bruno De l’infinito, universo e mondi da cui estrapola alcuni brani. “Le due opere sono vicine nella genesi, cioè nel processo compositivo, e nella prassi, cioè nella scelta soggettiva di accostare il suono delle voci umane a suoni artificiali” (dalle note al progetto). A eseguirlo sono l’ensemble vocale Spirito di Lione, diretto da Nicole Corti, affiancato per Monteverdi da I Ferrabosco, consort specializzato nella polifonia italiana sacra e profana, e per Cresta, dall’elettronica curata da Francesco Abbrescia.

 

Anche lo spazio di ascolto della musica si trasforma con interpreti-performer, ambienti sonori scenografici e installazioni multimediali immersive.

Così è pensato il concerto di Filippo Perocco e Lucia Ronchetti, due fra le voci più riconosciute della musica contemporanea italiana, interprete l’ensemble L’arsenale, premio Abbiati 2016, diretto dallo stesso Perocco. Due nuovi brani commissionati dalla Biennale, due lavori indipendenti che condividono una comune matrice “teatrale” con i testi del poeta e saggista russo-americano Eugene Ostashevsky, oltre all’apporto scenografico e registico di Antonino Viola e Antonello Pocetti.

Anche il concerto del complesso fiammingo HERMESensemble, fondato nel 2000 dal direttore Koen Kessels, è un viaggio al confine tra arte e musica contemporanea. I lavori in programma di Wim Henderickx e Vykintas Baltakas sono concepiti con l’artista visivo e musicista newyorchese Kurt Ralkse. Non diversamente, l’opera che Annelies Van Parys presenta alla Biennale nasce da un profetico lungometraggio del 1932 - Histoire du soldat inconnu - del filmmaker belga Henri Storck.

 

Un progetto particolare è affidato a I Solisti Aquilani con un concerto legato ai dieci anni che ci separano dal sisma del 2009. Formazione storica, nata nel solco della rivalutazione del patrimonio strumentale italiano sei-settecentesco e attiva da più di 50 anni con un repertorio che spazia dalla musica pre-barocca alla musica contemporanea, I Solisti Aquilani hanno sempre avuto particolare riguardo ai compositori italiani. Così il concerto impagina tutti nuovi brani che Stefano Taglietti, Andrea Manzoli, Roberta Vacca, Pasquale Corrado – a Venezia in veste anche di direttore – hanno composto in memoriam.

Formazioni di rilievo internazionale sono invitate al Festival con concerti che mettono a confronto stili, linguaggi, generazioni diversi: il Quartetto Prometeo, un quartetto d’eccellenza con una qualità interpretativa riconoscibile, premiato con il Leone d’Argento nel 2012, e che ha appena inserito nel suo organico Danusha Wasklewicz, prima viola dei Berliner Philarmoniker, presenta un trittico composto da Marco Momi, Georges Aperghis e Alessandro Solbiati; l’israeliano Meitar Ensemble, che in 15 anni di vita ha commissionato ed eseguito oltre 200 nuovi brani, offre tutte  novità per l’Italia con brani di Philippe Leroux, Noriko Baba, Mauro Lanza, Amos Elkana, Philippe Hurel; fondato dal compositore argentino naturalizzato spagnolo Fabián Panisello e specializzato nella musica contemporanea, il Plural Ensemble impagina un concerto che attraversa la musica spagnola - da Luís de Pablo a Gabriel Erkoreka, Alberto Posadas e José María Sánchez-Verdú e lo stesso Panisello.

L’Orchestra della Toscana, infine, fondata da Luciano Berio nel 1980 e naturalmente votata alla musica contemporanea, a Venezia sarà diretta da Peter Rundel in un concerto con pagine dei migliori autori del nostro tempo: Michel Van der Aa, Wolfgang Rihm, entrambi con prime italiane, e Claudio Ambrosini con un brano nuovo commissionato dalla Biennale.

 

Dopo il successo dello scorso anno di Victor Wooten, campione del basso elettrico, quest’anno arriva dall’India una delle più grandi e più giovani virtuose di questo strumento: Mohini Dey, classe 1996, straordinaria bassista indiana dal talento precocissimo, cresciuta in una famiglia devota alla jazz fusion e alla musica classica. Perché è anche attraverso il jazz – anzi, più facilmente attraverso il jazz che attraverso la musica classica - che passa una corrente alternata di sonorità tra occidente e oriente, “migrazioni”  che alimentando trasversalità, innovazione e creatività (John McLaughlin e Trilok Gurtu, per fare un esempio). Sarà un concerto fusion dal ritmo incalzante, dove al basso elettrico di Mohini Dey ruotano attorno le tastiere di Louis Banks, la batteria di Gino Banks, il mandolino di U Rajesh e il ghatam di Giridhar Uddupa.
>  AVVISO PER IL PUBBLICO (26/9/2019): Mohini Dey non potrà essere presente al concerto in programma. Il concerto è comunque confermato con gli altri musicisti del gruppo.

Un sound che mescola jazz e rock, ma anche ambient e world music caratterizza il Malafede Trio, ospite di jazz club e dei festival più importanti d’Europa. Il trio si è formato soltanto quattro anni fa da Federico Malaman, un asso del basso elettrico, ma anche contrabbassista e arrangiatore, dal chitarrista Riccardo Bertuzzi, e dal batterista Ricky Quagliato, anche compositore e programmatore musicale. Nel 2016 nasce Touché, il primo disco tutto di inediti: undici tracce che spaziano dalla vanguard alla fusion più astratta e intimista.

Biennale College

Compositori e librettisti
Dall’anno del suo avvio, nella stagione 2013, Biennale College per il Settore Musica ha scelto come tema privilegiato il teatro musicale.  Ad oggi sono state realizzate 15 brevi opere e la loro presentazione è ormai appuntamento fisso del Festival.

Il bando internazionale per l’anno 2019 è stato lanciato a dicembre, destinato a team di compositore e librettista di non più di 35 anni per realizzare 4 progetti low budget di teatro musicale da camera su tema comico, surreale, fantastico e/o giocoso di una durata non superiore ai 18 minuti. Fra le proposte giunte da Italia, Spagna, Israele, Portogallo, Gran Bretagna, Svizzera, sono stati selezionati:

  • Trashmedy del compositore Alessandro De Rosa e della librettista Mimosa Campironi;
  • Ab Ovo delle israeliane Talya Eliav e Liron Barchat, rispettivamente compositrice e librettista;
  • Tredici secondi o Un bipede implume ma con unghie piatte del compositore Marco Benetti e il librettista Fabrizio Funari;
  • La Meccanica del Colore dei portoghesi Nuno Costa, compositore, e Madalena dos Santos, librettista.

La novità di quest’anno è nell’organico strumentale che prevede, oltre a nove strumenti - flauto, clarinetto, tromba, due violini, corno, violoncello, percussioni, pianoforte - l’utilizzo del live electronics. Sarà il Centro di Informatica Musicale e Multimediale della Biennale di Venezia a mettere a disposizione hardware e software necessari sotto la guida di un realizzatore in informatica musicale e di un ingegnere del suono. Quattro le voci a scelta tra soprano, mezzosoprano, tenore, baritono, basso.

I team selezionati realizzeranno i loro progetti attraverso un percorso formativo e di produzione che si svolgerà in quattro fasi – tra marzo e settembre 2019 a Venezia - coordinate dal Direttore del Settore Musica Ivan Fedele e con l’ausilio di una equipe di tutor dedicati alle varie discipline: Sergio Casesi e  Giuliano Corti per la drammaturgia, Matteo Franceschini per la composizione. Come lo scorso anno, il Direttore del Settore Teatro Antonio Latella suggerirà la figura del regista.

Le brevi opere saranno presentate il 6 ottobre al Teatro Piccolo Arsenale a conclusione del 63. Festival Internazionale di Musica Contemporanea.

 

CIMM – Centro di Informatica Musicale e Multimediale
È una nuova infrastruttura destinata ad attività permanenti di ricerca e sperimentazione, di pratica e laboratorio, utile a tutti i Settori artistici della Biennale, ai progetti di Biennale College, all’Archivio Storico (ASAC), al progetto Scrivere in residenza, all’Educational.

Curato per il triennio 2019-2021 da Ivan Fedele, il centro vuole rispondere a un’esigenza sempre più sentita, nell’ambito delle diverse attività della Biennale, di un’autonomia nel campo della tecnologia digitale. Il Centro intende, inoltre, offrire al territorio la possibilità di svolgere attività creative e ricreative negli ambiti di pertinenza del Centro stesso.

Il centro è articolato in due poli:

  • il primo polo a Venezia, con due studi alle Sale d’Armi dell’Arsenale dedicati ad attività di ricerca artistica e progetti stabili al servizio di mostre, festival e iniziative della Biennale: ideazione e sperimentazione di strumenti; tecniche e modelli creativi relativi a tutte le forme di spettacolo dal vivo e a installazioni multimediali; realizzazione di nuove opere attraverso le tecnologie più avanzate disponibili o attraverso nuovi modelli creativi prodotti dal Centro stesso (a questo scopo sono previste residenze di artisti); organizzazione di un College Elettronica dedicato a giovani artisti di tutto il mondo, selezionati tramite bando internazionale; organizzazione periodica di pavillon internazionali di aggiornamento e comunicazione delle più recenti applicazioni di tecnologia avanzata nei settori dell’arte.
    Nei due studi all’Arsenale verrà realizzata la parte elettronica delle 4 brevi opere da camera di Biennale College e il concerto per arpa ed elettronica di Emanuela Battigelli.
  • il secondo a Mestre, nel Centro Civico e Teatro della Bissuola (che sarà riqualificato grazie al Comune di Venezia) con uno studio di prova e uno studio di registrazione dedicati a musicisti e giovani del territorio, in primo luogo studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, e università, con l’assistenza di tutor: una struttura rivolta a favorire la creatività, con l’organizzazione di attività laboratoriali formative sia di base, sia evolute, destinate agli studenti di tutti i livelli scolastici. L’organizzazione di attività laboratoriali presterà particolare attenzione alla dimensione creativa del dj-ing, il genere elettronico più conosciuto e praticato dalle giovani generazioni.

 

Biennale College – ASAC
Per il secondo anno verrà lanciato il bando Scrivere in residenza, destinato a giovani laureati italiani under 30, che prevede un percorso di ricerca sul campo con la partecipazione al Festival e di studio con la frequentazione dell'Archivio Storico della Biennale, attraverso il tutoraggio di professionisti e la supervisione dei Direttori di settore. Il bando coinvolge tutti i settori della Biennale: Danza, Musica, Teatro, Cinema, Architettura, Arte.

Come per ogni settore, Scrivere di musica avrà un tema specifico scelto in relazione al programma del festival e verrà approfondito sotto la guida di un tutor. Successivamente alla visione degli spettacoli del festival, i giovani laureati selezionati entreranno nello specifico del proprio tema in Archivio: guidati dal tutor porteranno avanti una ricerca di fonti, di riferimenti storici per la redazione di un testo.

Ringraziamenti

Si ringraziano il Ministero per i Beni e le Attività Culturali per il suo importante contributo e la Regione del Veneto per il sostegno accordato ai programmi dei Settori Danza Musica e Teatro della Biennale di Venezia.