Un senso di spettralità post-umana pervade le sculture, le installazioni, i video e gli occasionali dipinti di Michael E. Smith. In genere l’artista inserisce nelle sue opere oggetti che si potrebbero trovare in una discarica o, nel migliore dei casi, in un negozio dell’usato; questi manufatti recano impressa sulla superficie la prova che gli esseri umani li hanno usati, logorati e infine rotti. Il fatto di essere stati scartati li impregna di un pathos mordace, mostrandoli come oggetti non amati, impotenti e consegnati a un purgatorio materiale in cui si rifiutano di degradarsi o scomparire. In altri casi, veri animali morti (o parti di essi) entrano nel vocabolario scultoreo di Smith, come per sottolineare la qualità mortale degli artefatti ai quali sono combinati.