“Fin dall’età della ragione avevo deciso che da grande avrei fatto il gangster”. È il secco, lucido e già celebre inizio del racconto della propria vita fatto da Henry Hill […]. Quei bravi ragazzi è innanzitutto un interessantissimo saggio di antropologia mafiosa, che analizza abitudini, comportamenti, mentalità, vita materiale di una speciale etnia, la delinquenza italoamericana di Manhattan. […] C’è, dichiaratamente, tutto il cinema di gangster hollywoodiano e d’altronde la struttura di base e quella classica: l’ascesa e la caduta, il potere e la polvere. […] Quelli che Scorsese ha in mente, più che i classici Piccolo Cesare o Scarface, sono i piccoli gangster- movie “neorealisti” degli anni Quaranta come Il bacio della morte di Hathaway. O, aldila del genere, La presa del potere da parte di Luigi XIV di Rossellini […]. Scorsese monta i tempi di Quei bravi ragazzi con la precisione di un orologio e la liberta che amava nei cineasti nouvelle vague, nei “primi due minuti di Jules et Jim””. (Alberto Farassino)