Quest’opera si ispira al disegno sul muro che ho scoperto in un locale nel seminterrato dell’edificio che fu la Village School for the Philosophy of Architecture di Bogdan Bogdanovic dal 1976 al 1990. Dopo la chiusura della scuola, durante la sua lunga storia di decadenza, la casa fu spazio libero per profughi, calciatori, cacciatori, vagabondi... La metafisica di questo disegno e la storia del posto ci introducono a uno stato di archetipica intimità dei popoli primitivi, o all’interpretazione teo-cosmologica di noi stessi. Di regola, un tale stato psicologico ci muta in architetti autodidatti del nostro spazio interno personale, mentre il processo di transizione dal surreale al reale si dispiega davanti ai nostri occhi. La mostra inizia un gioco mitico tra il cosmo surreale di Bogdan Bogdanovic, nel suo glossario urbano di termini, e le nuove immagini del momento attuale che rappresentano una contemplazione del passato curiosa e critica e le proiezioni riguardo al futuro degli spazi liberi della città.