Nel 1900 lo psicologo Théodore Flournoy pubblica Des Indes à la planète Mars: una ricerca che analizza per la prima volta i fenomeni medianici in termini psicopatologici e descrive il caso della medium svizzera Hélène Smith. Quando la donna incontra Flournoy si chiama Catherine-Elise Müller, è una semplice commessa in un negozio di seta, ed è capace di abbandonarsi a momenti onirico-estatici durante i quali produce scritture in lingue sconosciute o disegni di ambientazioni mai visitate. Tra il 1895 e il 1900 Smith produce tre categorie estetiche di lavori verbo-visivi che vengono pubblicati insieme alle osservazioni di Flournoy: il ciclo “Indi”, con paesaggi orienta- leggianti o testi in lingua sanscrita; il ciclo “Royal”, che riproduce grandi castelli; il ciclo “Marziano”, con annotazioni in una scrittura ideogrammatica sconosciuta prodotte mentre conversa con un marziano di nome Astané. Secondo Smith, gli abitanti del pianeta alieno sono la reincarnazione dei terrestri. In netta opposizione con l’immaginario fantastico dei disegni, le parole che Flournoy utilizza nella sua ricerca assumono il tono distaccato di un’analisi clinica e suscitano il disappunto di Smith; pur essendo ormai adulata da numerosi spiritisti, la medium si sente tradita e si ritira a vita privata. A distanza di trent’anni dall’uscita del libro, in pieno clima surrealista, André Breton con le colleghe e i colleghi ne celebrano l’intensità dell’automatismo, proprio sulla base del materiale pubblicato a inizio secolo.
Stefano Mudu