Fino al 1941, Josefa Tolrà è conosciuta nelle campagne di Cabrils come Pepeta, una guaritrice e fervente cattolica; pochi anni dopo aver perso il figlio nella Guerra civile spagnola, comincia ad abbandonarsi a lunghe sessioni di trance durante le quali realizza una gran quantità di disegni e scritti. Quasi ad avvalorare la possibilità che la donna sia guidata da entità disincarnate, questi componimenti veicolano messaggi troppo sofisticati per la sua educazione elementare e producono immagini troppo raffinate per una mano ineducata al disegno. Secondo Tolrà, le anime con cui è in contatto hanno studiato geografia, scienza, arte e filosofia, e non esitano a sfoggiare le loro competenze in lunghi flussi testuali di poemi, aforismi e riflessioni o in complesse rappresentazioni di coloratissime figure umane, flussi di energia o straordinari paesaggi naturali. Talvolta, come nelle pagine di Llibreta (1944) o nel lavoro Dibujo escritura fluídica (1954) la componente verbale e visuale condividono lo spazio della stessa pagina trasformandosi l’una nell’altra. Le iconografie cristiane che l’artista realizza negli stessi anni sono disseminate di simbologie occulte; propongono un sincretismo religioso molto vicino alle fascinazioni teosofiche di fine Ottocento, che rendono la febbrile attività medianica di Josefa Tolrà espressione di una sensibilità sorprendentemente moderna.
Stefano Mudu