Nata in Inghilterra da genitori di origine egiziana con cui si trasferisce presto al Cairo, la scrittrice Joyce Mansour, si avvicina al Surrealismo ormai ventenne e, grazie alla pubblicazione della sua prima raccolta di poesie nel 1953, diventa un riferimento per l’ambiente culturale parigino. Già il titolo della sua opera prima, Cris (Urla), suggerisce che i suoi componimenti si allontanino dal lirismo della poesia tradizionale e, anzi, siano gli strumenti per gridare sensazioni che spesso coincidono con l’atto sessuale o la performance erotica. Ben oltre l’idea surrealista della femme enfant o dell’amor fou, la poesia di Mansour tratteggia senza alcun filtro linguistico l’immagine di una donna emancipata, che non ha paura di abbandonarsi alle più crude pulsioni sessuali, sa gestirle e può essere tanto affascinante quanto pericolosa. La prima edizione della raccolta di poesie Les Damnations, pubblicata nel 1966, alterna il testo di Mansour a undici acqueforti dell’artista e architetto cileno Roberto Matta. Il titolo suggerisce che queste caotiche visioni intrappolino un immaginario disperato, da cui emergono corpi nudi e distintamente femminili. Le immagini di Matta si allineano perfettamente alla classica dimensione onirica proposta dal Surrealismo, ma accompagnano le parole di una donna fiera e ribelle, che sa quando usare il proprio corpo come un’arma o arrendersi ai suoi umori.
Stefano Mudu