Antoinette Lubaki nasce nel villaggio di Bukama negli stessi anni in cui la sanguinosa dittatura di Leopoldo II del Belgio imperversa nello Stato Libero del Congo e riduce in schiavitù milioni di abitanti. Sebbene i suoi coloratissimi disegni non riportino particolari tracce di quelle atrocità, la storia di Lubaki sembra essere profondamente influenzata dal fascino esotico che gli europei riconoscono nella sua arte e dallo sguardo etnografico con cui si rivolgono a tutte le artiste e gli artisti delle colonie. Nel 1926, l’ufficiale e collezionista belga Georges Thiry si imbatte nei dipinti murali con cui Lubaki e il marito Albert decorano le capanne di Bukama e, intuendo l’interesse che avrebbero potuto suscitare in Belgio, fornisce loro il materiale necessario per replicarli su carta. Negli anni successivi, Lubaki realizza un disegno dopo l’altro con scene ispirate a storie, proverbi e sogni congolesi. Le vivaci silhouette che popolano questi lavori sono disposte all’interno di cornici che delimitano lo spazio della narrazione, e sono campite con poche e veloci pennellate di colore naturale (soprattutto argilla, carbone e caolino). Quando alcuni detrattori sostengono che i suoi disegni siano opera di un impostore europeo, la fama dell’artista si esaurisce nell’arco di poco tempo, ma le sue opere coincidono ancora oggi con una sensibilità inedita nel panorama artistico moderno.
Stefano Mudu