Louise Bonnet inizia il suo percorso creativo lavorando come illustratrice e graphic designer. Rivolge la propria attenzione alla pittura nel 2008, realizzando dipinti acrilici su carta che ritraggono persone come Yoko Ono o altri personaggi tratti da film. Cinque anni più tardi, incoraggiata da alcuni amici artisti, l’artista si cimenta nella pittura a olio, un passo che le consente di manipolare la luce, creare volume e rappresentare le eccentriche figure della sua immaginazione, per le quali oggi è famosa. Caratterizzate da tonalità splendenti, le grandi tele di Bonnet faticano a contenere le figure in tensione che si arrampicano, strisciano e si rannicchiano al loro interno. Nonostante nei suoi dipinti siano manifestamente dichiarati alcuni tipici tratti fisici di genere, quali seni e capezzoli, Bonnet racconta che il suo interesse è rivolto alle modalità attraverso cui il nostro corpo ha la meglio su di noi essendo fallace, ostativo o trasudante liquidi come urina, saliva, sangue o latte. Per Il latte dei sogni, Bonnet realizza Pisser Triptych (2021–2022), un nuovo trittico di grandi dimensioni che ricorda una pala d’altare. L’opera fa riferimento ai cicli di consumo e di scarto degli gli esseri umani che raccolgono e trasformano le materie prime solo per rigurgitarne incessantemente le scorie. Bonnet afferma che i liquidi corporei in eccesso concorrono a inquinare il paesaggio circostante ma anche a fertilizzarlo e arricchirlo. Il punto cruciale sta nel divario tra la nostra sensazione di controllo e la nostra effettiva capacità di avere il controllo.
Melanie Kress