La tuta intera a forma di “T” viene inventata dall’artista futurista Thayaht (pseudonimo di Ernesto Michahelles) nel 1919 con l’intento di realizzare un indumento che fosse in relazione armonica con il corpo. Nei cent’anni trascorsi da allora, la tuta è divenuta un capo di vestiario simbolico: flessibile nella sua neutralità rispetto ai generi, pratica uniforme degli operai, infamante divisa dei detenuti. La copiosa storia e iconografia della tuta è ulteriormente arricchita dalla serie di installazioni scultoree di Sara Enrico intitolata The Jumpsuit Theme (2017–in corso). L’artista avvia un raffronto tra abbigliamento e scultura, indagando come entrambi interagiscano fisicamente con il mondo circostante ed evochino nuovi modi di comunicare, spesso più intimi e personali rispetto ad altre forme di linguaggio. Enrico si concentra sulla pausa, sull’inattività, sul momento in cui il corpo rifiuta di funzionare a livelli iper-prestazionali e, invece, ricade in uno stato di beato inutilizzo. In questa installazione, le sculture create versando cemento pigmentato in una cassaforma morbida di tessuto tecnico realizzato in laboratorio, appaiono comodamente sdraiate sul pavimento, come appisolate. Modellate da abiti usati che donano loro una forma approssimativamente umana, queste sculture sono lunghe e dinoccolate, con una consistenza simile a pelle, risultato del lungo processo di colata. L’artista e i suoi collaboratori lavorano i materiali – e i concetti – attraverso strati multipli di trasformazione fino a quando gli oggetti si fermano e giacciono, completamente immobili.
Isabella Achenbach