Figlia di artisti, nata a Bombay nel periodo successivo alla partizione dell’India e cresciuta a Santiniketan, comunità utopistica nel Bengala Occidentale, Mrinalini Mukherjee lavora la fibra di canapa – e in seguito il bronzo e la ceramica – dando vita a un corposo gruppo di opere in cui astrazione e figurazione si fondono con influenze derivate dalla natura, dall’antica scultura indiana, dal design moderno, nonché dall’artigianato e dalla tradizione tessile locale. Nelle sue prime opere, arazzi ispirati al mondo botanico e realizzati in corda naturale all’inizio degli anni Settanta, Mukherjee sperimenta in maniera intuitiva l’antica tecnica araba di tessitura a mano del macramé, tecnica che continuerà a usare lungo il corso di tutta la sua vita per creare sculture morbide, sempre più audaci e monumentali, che si ergono imponenti come divinità. Nel corso degli anni Settanta, l’artista perfeziona il suo metodo di lavorazione dei materiali – un processo faticoso e manuale, che prevedeva la cernita e la separazione di pesanti fasci di corde acquistati nei mercati di Nuova Delhi – e concettualizza un approccio sempre più organico alle sue forme. A volte appese al soffitto, altre volte autoportanti o appoggiate contro un muro, le sculture imponenti di Mukherjee assumono caratteristiche proprie degli esseri viventi: tinte con pigmenti vegetali arancioni, gialli e viola, le opere voluttuose come Rudra, Devi (entrambe del 1982) e Vanshree (1994), trasmettono una sensualità umana, con pieghe e rigonfiamenti che ricordano organi sessuali.
Madeline Weisburg