All’inizio degli anni Settanta Rebecca Horn inizia le performance di estensione corporale, durante le quali applica al proprio corpo varie strutture in legno, metallo e tessuto, come ali di tela che toccano terra, guanti dalle lunghe dita seducenti, una maschera ricoperta di matite e un imponente corno di unicorno. Relegata in un sanatorio in giovane età a causa di una terribile malattia polmonare, Horn forza i confini tra il sé e ciò che lo circonda, mettendo in discussione la fine del corpo e l’inizio di ciò che lo contiene. Negli anni successivi l’opera dell’artista si amplia, alternando protesi per il corpo a sculture cinetiche e installazioni, oltre a film, in cui spesso figurano le sue sculture mobili. In tutti i suoi lavori si rileva una tensione che risiede nella forma del corpo e in quello spazio che precede immediatamente il momento del contatto. In Kiss of the Rhinoceros (1989) due enormi bracci metallici, ciascuno culminante con un corno di rinoceronte in metallo, formano un cerchio quasi completo. I bracci si allontanano lentamente l’uno dall’altro e quando i corni si toccano, all’apice del cerchio, vengono attraversati da una scarica di elettricità. L’opera respira nelle aperture e chiusure ritmiche dei suoi bracci in acciaio. Horn riesce a rendere questo gesto del corpo umano in una figura cyborg che fonde animale, metallo e pezzi meccan ci, mettendo così in discussione il primato o la purezza della forma umana.
Melanie Kress