Persino dopo sessant’anni, nell’immaginario collettivo la Pop Art evoca all’istante immagini della cultura consumistica del dopoguerra. Kiki Kogelnik era tanto affascinata dall’utopia di questo movimento quanto in netto contrasto con essa. La sua arte contiene una sarcastica critica femminista alla tecno-politica dell’epoca della Guerra fredda e, all’interno di questa visione, concepisce il corpo come una forma di tecnologia e le macchine come prodotti guidati da principi di controllo e di liberazione. Nelle sue colorate silhouette cyborg, come quelle di Cold Passage o M (entrambe del 1964), le eleganti rappresentazioni dei corpi ai raggi X sono realizzate con parti ritagliate, necessariamente anonime e disumanizzate, quando traslate attraverso i meccanismi feticizzanti della macchina. In Female Robot (1964), tale approccio compie un passo avanti con l’inclusione di un paio di forbici, un altro strumento di frammentazione del soggetto. Eppure, queste immagini sono anche stranamente liberatorie. Nella suite di dipinti Artificial Man in Four Parts (1967), il corpo robotico è mostrato in bianco e nero, presentato come se fosse stato diretta- mente scansionato da una macchina a raggi X. Evidenziando il cervello, il cuore, la mano e gli organi sessuali, il corpo appare generativo, portatore di militanza femminista più che il luogo di una regolamentazione di genere.
Madeline Weisburg