Il concerto presenta la giustapposizione della Missa da cappella a sei voci di Claudio Monteverdi sul mottetto In illo tempore del Gomberti alla composizione di Gianvincenzo Cresta per sei voci ed elettronica, che debutta in prima assoluta ed è intitolata al testo di Giordano Bruno De l’infinito, universo e mondi da cui estrapola alcuni brani. “Le due opere sono vicine nella genesi, cioè nel processo compositivo, e nella prassi, cioè nella scelta soggettiva di accostare il suono delle voci umane a suoni artificiali” (dalle note al progetto). A eseguirlo sono l’Ensemble vocale Spirito di Lione, diretto da Nicole Corti, affiancato per Monteverdi da I Ferrabosco, consort specializzato nella polifonia italiana sacra e profana e, per il brano di Cresta, dall’elettronica curata da Francesco Abbrescia.
Distanti nel tempo, la celebre Missa da cappella a sei voci sopra il motetto In illo tempore del Gomberti di Claudio Monteverdi (1610) e la partitura De l’infinito (2016) di Gianvincenzo Cresta sono tuttavia vicine nella genesi, cioè nel processo compositivo, e nella prassi, cioè nella scelta soggettiva di accostare il suono delle voci umane a suoni artificiali. Nella Messa di Monteverdi l’introduzione del basso continuo s’incrocia con il raddoppio opzionale delle voci con strumenti (viole “da gamba” o “da brazzo”); nell’opera di Cresta la disposizione della tessitura vocale è ripresa letteralmente da quella di Monteverdi ed è l’elettronica a svolgere il ruolo di svelamento di ulteriori e altre possibilità delle voci umane, elaborandole in tempo reale, lanciandole nello spazio, trasfigurandole e moltiplicandole verso il basso o l’acuto, seguendo le articolazioni anche minime del testo per sostenere l’utopia e la “voce” di Giordano Bruno: “Fendo i cieli e a l’infinito m’ergo”.