Anno / durata: | 2020, 40’ |
---|---|
Da: | “La vita è sogno” di Pedro Calderón de la Barca |
Traduzione, drammaturgia, imagoturgia: | Francesco Pititto |
Installazione, regia, costumi: | Maria Federica Maestri |
Interprete: | Barbara Voghera |
Musica: | Johann Sebastian Bach, Claudio Rocchetti |
Cura: | Elena Sorbi |
Organizzazione: | Ilaria Stocchi |
Ufficio stampa, comunicazione, promozione: | Michele Pascarella |
Cura tecnica: | Alice Scartapacchio, Lucia Manghi |
Produzione: | Lenz Fondazione |
Lenz Fondazione - Altro stato
Descrizione
Barbara Voghera fa parte dell’ensemble di Lenz dal 1999: una lunga, inesauribile passione teatrale che ha maturato nel tempo risultati artistici straordinari.
In lei convivono – sempre in lotta – le due anime de La vita è sogno: la consapevolezza della tragedia senza scampo a cui è destinato l’Uomo e il desiderio di sottrarsi al dominio del reale dando forma a un mondo rovesciato, liberato da leggi e regole, da convenzioni e imposizioni divine e statuali. Questa oscillazione tra le due polarità etico-drammaturgiche è il campo interpretativo in cui l’attrice è immersa, in un bruciante rispecchiamento esistenziale: la condizione reale dell’ alterazio necromosomica destina a una oggettiva subalternità, a una concreta sottrazione di potere, a una minore possibilità di realizzazione del sé. A questa sorte – segnata da “una stella importuna” (come quella di Fenix ne Il principe costante) – Voghera contrappone una furia artistica sovversiva, una volontà di rivolta che non si assoggetta all’ evidenza psico-fisica, bellezza e forza irriducibili versus l’arrogante violenza delle norme e delle convenzioni sociali. Al tempo reale sostituisce il tempo sospeso del teatro, e converte il mondo stretto della vita in un mondo largo e poetico, un Mondo Nuovo (Friedrich Hölderlin, La morte di Empedocle) .
Il corpo sentimentale di Voghera instaura un’istantanea vicinanza emotiva, una fulminante alleanza psichica con lo spettatore: Barbara non si oppone all’essere vista per quello che è, ma sovrappone allo sguardo/schermo dello spettatore una potenza espressiva imprevista e inimmaginata. In discontinuità con l’Hamlet Solo, di cui è straordinaria interprete, Altro stato ci chiede di dare forma a uno spazio-chiave e a un modus recitandi molto diversi: al primo piano eroico di Amleto si sostituisce un campo lungo, uno spazio negato, una visione in controluce distanziante e antiretorica. La parziale sottrazione alla visione diretta riduce i diritti emotivi dello sguardo esterno.
Alla manifestazione organica del duo Sigismondo/Clarino si sostituisce un contrappunto meccanico, alla presenza costante l’intermittenza dell’assenza, alla vita scenica la sua rappresentazione inanimata, al nitore del reale la pressione onirica dell’ombra.