Assumendo spesso la forma di vignette cinematografiche accompagnate da colonne sonore oniriche, i film dell’artista brasiliano Luiz Roque affrontano aspetti sociali, geopolitici e ambientali vitali per la cultura contemporanea, come l’identità, la bioetica queer, l’automazione e l’intelligenza artificiale, posizionando i soggetti in ambientazioni surreali, languidamente utopiche e sinistramente postapocalittiche. Il film muto in Super8 presentato qui, Urubu (2020), è stato realizzato nel contesto della pandemia da Covid-19, che ha costretto l’artista a trascorrere molti mesi rinchiuso nel suo appartamento di San Paolo a causa del lockdown disposto dal governo brasiliano. Urubu è ispirato dall’interesse per documentari naturalistici. Durante il lungo tempo trascorso in isolamento, dalla finestra del suo appartamento Roque ha puntato la videocamera verso le architetture storicamente stratificate di San Paolo: le immagini del volo di un urubu – uccello urbano comune in città – distillano poeticamente la sensazione di sospensione generata dalle condizioni senza precedenti imposte dalla pandemia. Il video combina tecniche visive derivate dal cinema, in questo caso il loop temporale, con la propensione contemplativa e distaccata dei documentari. Analogamente, il corto notturno XXI (2022) riflette sulle controversie attorno al corpo, sui desideri automatici e sui dialoghi tra figure umane e non umane nella calda estate di una città latinoamericana.
Madeline Weisburg