Louise Nevelson (nata Leah Berliawsky) crea imponenti ed eleganti sculture durante l’intero dopoguerra, periodo in cui perfeziona la sua pratica artistica più nota, che la vede recuperare pezzi di legno – spesso oggetti domestici e ornamenti architettonici – dalle strade di New York per poi organizzarli in elementi modulari, sovrapposti in maniera irregolare, che infine dipinge con un unico colore. La scultura Homage to the Universe (1968) richiama l’Espressionismo Astratto e l’attrazione del Colour Field per le vaste campiture di colore, con un uso di materiali non tradizionali e la sperimentazione di gesti formali audaci. Ricoperta da uno strato uniforme di vernice nera opaca, che da lontano crea l’illusione di una superficie piena e compatta, la stratificazione di Homage to the Universe deriva, in parte, dal parsimonioso metodo di costruzione e da un uso ponderato del colore. Nevelson parla spesso del nero, il colore che utilizza più di frequente nelle sue sculture, come colore della grazia, della dignità e della magnificenza. Nel corso degli anni Sessanta, Nevelson attribuisce a molte sue grandi opere il titolo di Homage (Omaggio), come rimando a questioni sociali, religiose e personali. In alcuni di questi lavori, l’artista rende invece omaggio a concetti più ampi: la luna, il mondo. Con Homage to the Universe il tributo tende a un effetto celestiale, per esprimere la meraviglia e lo sgomento suscitati dalla profondità e dall’infinitezza dell’universo.
Madeline Weisburg