Tra le tante creature fantastiche che popolano i lavori pittorici di Bridget Tichenor spiccano strani personaggi dai volti umani con lunghe zampe da insetto, che vivono all’interno di gusci, carapaci o corazze. I loro corpi ibridi sono giganti, e sovrastano paesaggi naturali dalle atmosfere sospese, chiaramente riferibili al Surrealismo o al Realismo Magico. Come la quasi totalità della produzione pittorica di Tichenor, questi dipinti sono realizzati a partire dagli anni Cinquanta quando, stabilitasi in Messico, l’artista si unisce alle colleghe europee Leonora Carrington, Remedios Varo e Alice Rahon. Tichenor studia in Italia con Giorgio de Chirico e poi negli Stati Uniti con Paul Cadmus. Dal primo riprende l’evidente approccio metafisico mentre dal secondo impara l’antica tecnica della tempera all’uomo mettendola al servizio di una fascinazione per la mitologia precolombiana, il misticismo e narrazioni criptiche e simboliche. Il lavoro Dueto Solitario (1964) raffigura un desolato paesaggio vulcanico in cui sono inserite due grandi conchiglie maculate dipinte con precisione scientifica. Mentre una è completamente chiusa e allude esplicitamente all’anatomia dei genitali femminili, l’altra è ampia e capiente e nella propria cavità custodisce una luna antropomorfa dallo sguardo ipnotico. Attingendo al firmamento di mitologie che associano il corpo celeste a un immaginario magicamente sacrale, Tichenor rappresenta la conchiglia come una donna incubatrice di maternità, ma che può anche diventare una divinità ammaliante e seducente.
Stefano Mudu