I primi componimenti poetici di Gisèle Prassinos risalgono ai primi anni Trenta quando, appena quattordicenne, l’artista si cimenta nella scrittura automatica e viene celebrata come un prodigio dai surrealisti. Sebbene pubblichi diverse opere vicine alla sensibilità dell’avanguardia, il suo linguaggio eccentrico è da considerarsi completamente indipendente. Dagli anni Sessanta, la produzione letteraria di Prassinos inaugura un approccio intermediale conquistando nuovi mezzi espressivi. L’esempio più completo è Brelin le frou ou le Portrait de famille (1975), la storia illustrata di una strampalata famiglia francese narrata da Brelin, il figlio di un eccentrico e severissimo scienziato di nome Berge Bergsky. Prassinos produce dodici pannelli di stoffa coloratissimi che, cuciti a macchina e rifiniti a mano, riproducono i disegni in bianco e nero contenuti nella pubblicazione. In Portrait de famille, il dottor Bergsky campeggia sugli altri. La figura di Brelin, simmetrica al padre e contrita nell’espressione, sembra l’unica in grado di sfidarne l’autorevolezza. Come dimostra anche Portrait idéal de l’artiste, Brelin è un eroe domestico antagonista del regime patriarcale istituito dal capofamiglia. Qui Prassinos dimostra definitivamente di non aver bisogno di alcun automatismo inconscio per narrare le sue storie: il più grande volano delle sue fantasie è, semplicemente, la realtà.
Stefano Mudu