Durata / Anno: | 60', 2022, prima assoluta |
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Un progetto di: | Olmo Missaglia |
Interpretazione e co-scrittura : | Lea Chanteau, Michele De Luca, Mizuki Kondo, Romain Pigneul |
Drammaturgia e collaborazione artistica: | Médéa Anselin |
Scene: | Justine Bougerol |
Disegno luci: | Sibylle Cabello |
Sostegni e residenze: | MoDul/bolognaprocess asbl, Théâtre des Tanneurs, Le BAMP, Centre Culturel Wolubilis, COCOF Aide à la promotion à l’étranger |
Dipinto: | Veronica De Giovanelli (stampa di un dettaglio di The remains of an archipelago, 2017) |
Produzione: | La Biennale di Venezia |
Tutor del progetto: | Stefano Ricci e Gianni Forte |
Con il supporto di: | Modul/bolognaprocess asbl, Théâtre des tanneurs, Le bamp, Centre culturel wolubilis, Cocof aide à la promotion, À l’étranger |
Vincitore: | Biennale college teatro Registi under 35 (2021-2022) |
Olmo Missaglia - Una foresta
Descrizione
Che cosa vuoi fare da grande? Quante volte abbiamo sentito questa domanda. Talmente tante che ci abbiamo creduto, che qualsiasi cosa volessimo fare fosse realizzabile. Che bastasse solamente porgere il braccio in un mondo di possibilità. Siamo cresciuti così, convinti di essere speciali. Persuasi che i sogni son desideri. Che le nostre fantasie sarebbero diventate realtà. Poi grandi lo siamo diventati. E ci siamo trovati persi, come in mezzo a una foresta. In un mondo che non riconosciamo, senza punti di riferimento. Un po’ con la sensazione di essere stati traditi. E anche se a volte abbiamo l’impressione di sapere contro che cosa ci vogliamo battere, non sappiamo davvero che cosa rivendicare di nuovo. Prosperiamo, sopravvivendo. Ma abbiamo la nausea a furia di cercare di stare a galla.
Sono nato negli anni Novanta, nel 1991 di preciso. Io, come altri giovani adulti cresciuti sulla frontiera. Troppo vicini alle vecchie ideologie per ripudiarle, non abbastanza ingenui per crederci davvero. Digitali in modo altezzoso, perché non completamente virtualizzati. Svezzati a latte in polvere di una società in esplosione, ma che stava ancora in piedi. Disillusi, still made in USA. Plastic hearts, direbbe Miley Cyrus (classe 1992 btw). Eppure abbiamo imparato a vivere con l’incoerenza, a destreggiarci nel disequilibrio, accettando il nostro presente, in bilico tra un passato che non vuole morire e un futuro che non solo pena a nascere, ma che facciamo fatica anche solo a immaginare. Il nostro ci sembra l’unico dei mondi possibili e ci pervade nel profondo delle viscere. Fino ad anestetizzare i nostri sogni diventati semplicemente troppo reali. Che fare di questa paralisi dell’immaginario? Una Foresta è un tentativo lisergico-esistenziale di perdersi per inventare delle nuove direzioni, riappropriarsi della capacità di sognare, nutrirsi del caos del nostro mondo.