“Nessuno pensa all’inverno quando l’erba è verde.”
Rudyard Kipling
Le nostre società occidentali hanno basato la loro visione di uno sviluppo senza limiti sull’ideologia aberrante di una presumibile onnipotenza umana di fronte ai supposti elementi che compongono l’universo, omettendo l’essenziale: non siamo di fronte al mondo, ma nel mondo, in una relazione d’interdipendenza. Oggi ne stiamo misurando le nefaste conseguenze. Cosa sta facendo la collettività al riguardo?
Poco generosa rispetto alla Natura che la circonda, non un granché. Non basta denunciare i danni che l’ecosistema subisce a opera della mano incivile dell’uomo, è giunto il momento di (ri)pensare l’universo al di là dei rapporti di dominio e subordinazione; di mettere in discussione l’infertile contrapposizione tra Natura e Cultura e di riprendere con esse un dialogo fino a oggi interrotto; di ritessere i legami che uniscono il corpo alla terra, riattivando la nostra connessione primordiale con questo Pianeta così maltrattato; di lasciarci travolgere dal canto – di lancinante autenticità – della Terra che da tre miliardi e mezzo di anni testimonia un equilibrio precario; di rimettere finalmente l’Uomo al posto che gli spetta, sollecitandolo a essere più umile perché è solo una specie tra un’infinità di tante altre, una piccola parte di un grande tutto che lo ha preceduto e che gli sopravvivrà, un breve frammento di storia.
È tempo che anche il Teatro faccia, nello spirito artistico che lo contraddistingue, un inventario delle nostre inquietudini e dei nostri impedimenti dinnanzi anche ai futuri cambiamenti ambientali, diventando cassa di risonanza di queste questioni urgenti e vitali.
IL TEATRO È HIC ET NUNC, È L’ARTE DEL PRESENTE
È per questo che la nostra Biennale Teatro 2023, facendosi carico di ciò, ricollegherà la nostra memoria collettiva alla storia attuale di un’Umanità in frantumi, divisa tra ansia e cecità intenzionale, e alla necessità di costruire un futuro sopportabile, ecosostenibile, aprendo così la strada a una prospettiva globale più radiosa.
Questa nuova edizione del Festival, piattaforma di una resistenza politica e poetica, continuerà a difendere l’idea che il Teatro, l’Arte e la Cultura debbano salvaguardare la loro missione di servizio pubblico; sarà un laboratorio ipnotico e vibrante di creazione scenica, riferimento essenziale come avamposto di utopie eroiche e meraviglie rivoluzionarie, e si drappeggerà in VERDE EMERALD, il cui orizzonte simbolico starà a indicare il momento di un cambiamento profondo, di una trasformazione,di un passaggio a una nuova fase della vita: la rigenerazione dopo l’inverno, la rivitalizzazione, la resurrezione, la rinascita e la libertà dell’essere umano. Celebreremo così un risveglio di primavera anche per il Teatro, investito ora più che mai a stimolare la fantasia, l’immaginario dello spettatore, oggigiorno saturo di immagini e sollecitato passivamente dalla tecnologia digitale. Come un mimetico camaleonte reattivo e dinamicamente al passo con i tempi, il Teatro, articolando frammenti disparati per dar loro una prospettica via di fuga, cogliendo il reale per passarlo al setaccio della sua visionarietà, (de)costruisce le apparenze e/o (ri)compone il senso di una quotidianità incoerente.
BIENNALE TEATRO 2023, NESSUN LUOGO È COME EMERALD CITY, NESSUN LUOGO È VERDE COME IL TEATRO
Il Paese di Oz è un regno immaginario al cui centro si trova EMERALD City. Un luogo di prodigi dove la protagonista, Dorothy Gale, viene scaraventata (over the rainbow) alla ricerca di qualcosa di meno materiale della sua esistenza.
EMERALD, lo smeraldo, è appunto il colore dei prodigi: l’Itaca, l’approdo magico di chi conquista l’esistenza; una gemma attraverso la quale osservare il mondo.
EMERALD è il Teatro. Il tornado di Dorothy è la malìa che lo spettacolo compie strappandoti dal reale per farti atterrare in un mondo dove tutto è possibile, persino imparare a vivere.
EMERALD è il mistero, il sottratto, l’incantesimo, l’inspiegabile. Il rapporto dell’uomo con il prodigio di sé, la sua relazione con la Natura, il suo eludere la gabbia sociale per recuperare una dimensione morale più ampia. L’uomo di latta, il leone codardo, lo spaventapasseri non sono forse gli artisti che, con le loro mancanze, con la loro fantasia, ci tengono per mano nel viaggio per comprendere che tutto quello di cui avevamo bisogno è dentro di noi? Non è dunque il Teatro quello smeraldo prezioso e potente che ci aiuta a smascherare i ciarlatani finti maghi che ci circondano?
Un prodigio, quello di Emerald, che viene soffiato tra le ciglia di ogni regista presente in questa edizione 2023. Le nuove creature mitologiche, fiabesche, sono quelle che hanno fatto della loro esistenza un incantesimo; che sono passate attraverso i colpi della Vita e che, attraverso la Cultura e un’anima spiegazzata, possono condividerne un volo, una riflessione per restituirci uno sguardo scevro da qualunque compiacimento e pronto a rivelare l’inatteso del Quotidiano. La bacchetta magica di Armando Punzo rintraccia lo splendore nel buio delle carceri; le scope volanti degli FC Bergman sorvolano le gallerie del Museo Reale di Belle Arti di Anversa per fotografare l’assurdo delle nostre esistenze; l’erbolario di Tiago Rodrigues dissecca spunti sulla libertà individuale contro quella massificata; i sortilegi sonori di Federica Rosellini, fusi alle cabale di Giacomo Garaffoni, si sfidano in singolar tenzone con quelli oceanici di Fabiana Iacozzilli, che governa le smaterializzazioni di Tolja Djoković, stabilendo un voto infrangibile; la malìa di un sonno profondo viene fatta a pezzi dalle incantagioni morali di Boris Nikitin; gli ippogrifi metamorfici di Romeo Castellucci volano sulla Via Lattea negromantica di Bashar Murkus; l’elfo immortale di Gaetano Palermo si perde tra gli oggetti levitanti di Morana Novosel; le mappe in trasformazione nelle quali transitano gli interrogativi di Mattias Andersson svelano numeri per l’aritmanzia a El Conde de Torrefiel; la rettilofonia di Valerio Leoni conforta il percorso nella foresta oscura di Noémie Goudal e Maëlle Poésy alla ricerca della pietra filosofale.
Un’edizione 2023 di sortilegi, di relazione con il fattore crescita, con il VERDE che diventa metafora di un rigoglio non solo planetario ma soprattutto morale.
Le scarpette rubino di Dorothy vengono calzate per affrontare un viaggio identitario spirituale; una funzione che il Teatro ha assolto e continua ad assolvere, specchio di una società che necessita di confronto per non restare pietrificata nell’osservazione della propria immagine e nel plauso altrui.